Ci sono processi che onestamente non riesco a spiegarmi.
Quando ero piccolo e i miei mi lasciavano dai nonni — che adoro — nascevano sempre un po' di problemi… si discuteva della mia pizza della sera precedente, del mio modo di alimentarmi; del fatto che a 14 anni non lavorassi ancora; della discoteca; del tirar tardi.
Tutto normale, visto a posteriori: generazioni diverse; una distanza epocale tra me e i miei nonni. Già quella tra me e i miei genitori — giovanissimi — è tanta, figurarsi quella con i nonni.
Alzi la mano chi non è d'accordo.
Le aziende, ma anche il governo, i partiti, le istituzioni, sono guidate da persone che hanno, grosso modo, l'età dei miei nonni!
Secondo me, così come i miei nonni non possono comprendere il cambio epocale neanche chi, per esempio, è convinto che Gogol sia un motore di ricerca — e non un grande autore russo — penso possa farlo. E se pur riuscissero a comprendere il cambiamento non penso mirino al futuro quanto e come me.
Sono distanze abissali: non inezie. Abissali.
Amo i miei nonni. Li ascolto e li coinvolgo spesso nelle mie scelte e decisioni. Chiedo loro consigli. Vado spesso a trovarli. I loro consigli a volte sono corti; altre volte lunghissimi — di vedute intendo — ma non così al passo con i tempi e sopratutto non così rapidi come io vorrei.
Io corro. Sono multitasking. Penso digitale; penso con i file esterni collegati e non solo con i file incorporati. Le mie protesi sensoriali si sono allungate a dismisura e riesco a far quello che mio nonno neanche sognava.
Non che gli anziani siano da rottamare: Napolitano può benissimo fare anche il Presidente della Repubblica: ma non il capo del governo… voglio giovani che mi guidino, non vecchi.
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