venerdì, novembre 23, 2007

il design... e che ce vo.

"Quando sto lavorando su un problema, non penso mai alla bellezza. Penso soltanto a come posso risolverlo. Ma, se quando ho finito, la soluzione non è splendida, so che è sbagliata."

Fuller. fuller. cercatelo.
magari su wikipedia che vi piace tanto.

Fuller Buckminster, filosofo, da cui prende nome il fullerene, un composto organico molto più complesso del classico diamante.

Fuller dunque.
studiamolo.
anche io devo studiarlo, perché negarlo.

Parlavamo di design. Che è funzione e poi forma.
vero?
no! ho detto una cazzata.

Secondo molti il design è prima funzione: soddisfare bisogni pratici degli utenti e poi forma, quindi i desideri ergonomici magari.

ok proviamo a far chiarezza.

Secondo il mio adorato DemauroParavia il design è: linea, aspetto, stile di un oggetto prodotto secondo i canoni dell’industrial design: un’automobile con un d. sportivo; stile che caratterizza vari prodotti fabbricati in serie: il d. di questa lampada è sempre attuale, questa libreria ha un d. anni Settanta

Questa definizione mi sta molto stretta, perchè non definisce molto bene il design.

Davvero il design è solo la linea? ma è anche lo stile.
E cosa è lo stile? sinonimo di linea? beh, sì per alcuni il differenziale semantico tra i due termini potrebbe esser nullo. E allora chiediamo allo stesso vocabolario cosa indichi "lo stile"

Prendiamo una definizione tassonomica:
TS ling., modalità d’uso della lingua particolare di un individuo, spec. di qualche rilievo letterario o sociale, o di un gruppo .

o di un oggetto, no?
ok. Lingua ci basta.

Non credo ci sia bisogno di chiedere al vocabolario il significato di Lingua.

Ok.
Proviamo ad andare avanti?

no, un passo indietro. Perché mi sono andato a prendere un vocabolario? non perchè sono stronzo e voglio farvi perndere ma perché la definizione di Design che solitamente si da la trovo limitata e limitativa; stupida per certi versi; inutile per altri.
Infatti Steve Jobs (se non sapete chi è usate wikipedia se vi appaga): Non abbiamo il linguaggio adatto per parlare diqueste cose. Nel covavolario della maggior parte delle persone design è sinonimo di apparenza... per quanto mi riguarda, non c'è nulla di più lontano dal vero significato del termine. Il design è la ragione fondamentale per cui si amano o si detestano le creazioni dell'uomo."

ops! Sembra che Jobs la pensi come me. O io come lui come preferite, non so chi dei due prima l'abbia pensato, scherziamo, ovvio.


E già, il design penso, fa si che un prodotto esista, resista e persista, e un altro scompaia. Blogger non ha nulla di eccezionale rispetto ad altri sistemi di blogghing. ha però una vasta scelta di "layout", "modelli", "grafiche". WP invece ne permette una personalizzazione eccezionale. Splinder invece è italiano.
3 condizioni di design. Il primo riguarda la scelta del design, la seconda la personalizzazione, il terzo il linguaggio. ops, ho scritto linguaggio? e stile? cosa è stile? l'abbiamo detto prima. e Stile, linguaggio, design... sono semanticamente vicine a quanto pare.
Splinder ha attecchito perché ITALIANO. Stile italiano, non solo inteso come linguaggio (anche blogger è in italiano) ma rappresenta lo stile italiano...

ok.
Per Anita Roddick: la cosa più importante è creare uno stile che diventi un legame culturale tra voi e la comunità che servite. E lo si può fare soltanto grazie a un buon design".

Creare uno stile attraverso il design. lo sottolineo per gli scettici.

Ma da cosa nasce il design?

parentesi. Novecento è una palla di libro, bellissimo ma non l'ho letto con piacere. Il film: il pianista sull'oceano, cavolo se mi è piaciuto. Ha una frase stupenda. Il trombettista (sarà la comunanza di strumento?) dice: "non sei veramente fregato finchè hai una storia da raccontare e qualcuno a cui raccontarla...

Hai una storia da raccontare e qualcuno a cui raccontarla.

Molte pubblicità non hanno una storia da raccontare.
Altre non sanno a chi raccontarle.

(ops, sono scivolato nella mia vera passione, l'adv, scusatemi).

Dicevamo il design?
beh, continueremo a parlarne.
Ma racconta una storia; da uno stile, esplica la funzionalità dell'oggetto. Consente che un oggetto (un servizio, un prodotto, una storia: infatti si parla dello stile di un autore... no?) piaccia o meno.

Il design è molto di più di quello che state immaginando.
Sbagliare il design significa non vendere il prodotto, non far piacere il servizio, non poter proporre una comunicazione.

Pubblicitari: pensate al DESIGN: raccontatemi una storia, fatemi vivere un'esperienza.

...Sto scivolando nuovamente nella mia passione: esperienza, virale; comunicazione, marketing... pubblicità, informazione...

giovedì, novembre 08, 2007

Ne sento la mancanza.

ne sento la mancanza.
non mi è semplice spiegarlo.

non ho mai pianto per un uomo dello spettacolo. ho pianto anni Airton Senna. ma mai per un uomo dello spettacolo.
Senna è stato l'unica persona che non ho conosciuto di persona che ho pianto.

non ho guardato la formula 1 per anni. poi si, si ricomincia, ma con molta meno passione, a guardare uno sport che piace, e a me piaceva.

non ho pianto la morte di nessuno degli altri personaggi pubblici. mi ritrovo oggi a sentire la mancanza di Biagi. non so spiegarmi il motivo. ma sento la mancanza di un uomo, di una guida, di un emblema, di un mito; mi manca Enzo Biagi.

Biagi mi manca.

un uomo che mi ha insegnato a scrivere, a leggere, a guardare la società, ad apprezzare il successo e continuare a pensare alle cose normali, alle persone come me, a me, agli uomini, agli altri, a noi.
Enzo Biagi mi manca.

è stato un uomo eccezionale, un professionista impagabile, scacciato dalla rai più volte; ucciso dalla rai al fine della sua vita. ucciso anche dagli uomini che come berlusconi hanno pensato male di lui. è morto portandosi via "il terzo lutto" della sua vita.

non l'ho mai conosciuto di persona. mi ha segnato. come mi ha segnato Montanelli, ma a me Biagi piaceva di più.
la sua è un'eredità impossibile da ricevere, da volere, da chiedere. nessuno sarà mai come lui.

e con lui scompare uno dei più grandi giornalisti che l'italia si sia meritata.

Maestro non è un'addio. non so scrivere come avresti fatto tu per altri un ottimo editoriale. ci provo; grazie per avermi insegnato a raccontare le storie. ma perdonami, non tutti gli allievi riescono ad apprendere. io meno che mai.

sabato, novembre 03, 2007

Tra masse e categorie: quando la mia amica non è "le donne"

Sono calabrese. Ovviamente del mezzogiorno d'Italia.
Mi dareste del mafioso?

Vero, potrei esserlo, almeno quanto potrebbe esserlo un rimenense.

Sono anche un webber, abitante della rete, non solo un cittadino della rete, ma un abitante, residente e domiciliato in vari siti e blog dell'internet: per esempio mybloglog testimonia i miei diversi domicili contemporanei; ma si sa che il velo dell'ubiquità è uno dei pilastri del web.

Sono anche un ventottenne, maschio, di razza bianca, terribilmente ateo praticante e credente in un dio che ha fiducia in me; ma lontano da Sacra Romana Chiesa.

Sono un italiano, non suono il mandolino, ma amo la pizza, meno gli spaghetti: gli preferisco le pappardelle o i paccheri dell'Antonio Amato.

Amo il mare, ma preferisco le montagne, magari quelle della mia Sila.

Non mi offendo se una donna additandomi dice: voi uomini siete tutti uguali, ma se è il caso, cerco di spiegarle che si sbaglia. Così come molte mie amiche melo fanno notare: io non sono tutte le donne. Già, non sei tutte le donne.
Sei unica e irripetibile; straordinaria per la tua personale anima, per il tuo cuore, per la tua creatività.

Sei un essere unico anche tu. Hai le tue peculiarità e le tue creatività. Hai certamente le tue appartenenze, ma sei unico.

Ho provato a parlare di me per evidenziare le differenze tra me e te. E questo fatto a noi che ci occupiamo di comunicazione è abbastanza chiaro.

Allora perché abbiamo deciso che i rumeni son cattivi?

Giustamente i rumeni si ribellano, e rivendicano le proprie specificità: non tutti sono uguali, anche loro.

Ma la tendenza a massificare che i mezzi di comunicazione tradizionale ancora tentano di fare è allarmante, scioccante: rivendicano un ruolo che è ormai fallito: la massificazione.

Ancora i giornali e le tv tendono a macrocategorizzare l'essere umano; questo può essere utile e pratico in alcune circostanze, molto scomodo e poco utile in tante altre. Come nel caso dei rumeni; o dei napoletani; o dei calabresi.

I media di massa devono demassificare il proprio modo di parlare se vogliono continuare a vivere, altrimenti ci passerà la voglia anche di dedicargli del tempo e dei soldi.

I webber sanno benissimo che ogni essere vivente è unico e irripetibile, e non incastonabile in un target da colpire.

Solo adesso dobbiamo dare un nuovo paradigma ai giornalisti e ai copioni; un paradigma che gli consenta di utilizzare degli agettivi in modo più sano e calzante.
Ad esempio, sul caso della donna uccisa a Roma anziché rumeno si poteva usare: assassino; o ancora disadattato, delinquente...
Basterebbe, come al solito, tornare all'origine delle parole.

Ma siccome loro non son contenti abbiamo bisogno di trovare un paradigma nuovo che sostituisca la concezione di un pubblico target e di masse indistinte.

La sfida è aperta.

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