mercoledì, settembre 12, 2007

Umanità 2.0

Sul sito di Repubblica, tra le pagine di velvet c'è un interessante articolo: La nuova umanità reinventa la rete di Franco Bolelli.

Ne ho letto da Roberta che ne parla anche.

Bolelli scrive:

[...] milioni di esseri umani stanno smettendo di essere solo consumatori e stanno diventando produttori di contenuti. Improvvisamente, la divisione fra consumismo superficiale e anticonsumismo penitenziale appare obsoleta. Improvvisamente, la produzione e condivisione diffusa di contenuti comunicativi si evidenzia come la merce fondamentale nell'era dell'informazione.

ma soprattutto ci dirà:

Ma il mutamento decisivo è un altro[...]. Quello che sta accadendo è che milioni di persone stanno, mettendole in scena in rete, dando importanza alle proprie esistenze. Milioni di biografie individuali, scritte e fotografate e riprese in video giorno per giorno, stanno diventando più significative di tanti film, di tanta tivù, di tanti libri, di tante opere artistiche. Se pensiamo che la più diffusa patologia nella storia dell'umanità è proprio la sensazione che la propria esistenza singolare sia insignificante, che può essere sublimata in qualche causa o fede collettiva e ridotta a un eterno stato di passività davanti a prodotti e idee esterni, be', ditemi voi se questo improvviso e potente senso di sé non rischia di essere fondamentale quanto la scoperta che la terra non è piatta.

e conclude:

Quel che ci viene richiesto è di essere noi stessi, in tutta la nostra pienezza, anzi di valorizzare noi stessi. Queste nuove tecnologie comunicative ci invitano a essere non più tecnologici ma più biologici: è il meraviglioso paradosso che ci ritroviamo oggi a vivere.

Proprio ieri sera chiacchierando con Andrey Golub discutevamo della dimensione biologica della rete, ormai autoevidente. Infatti l'uso della rete sta evolvendo a temperatura ambiente diremmo con Levy, in una dimensione biologica perché Lo sviluppo della rete non è un rivoluzione, è un’evoluzione. […] cresce come una pianta. Lavorare con la rete è una cosa molto più simile all’agricoltura che alla meccanica. Giancarlo Livraghi.
e...
Le abitudini mentali dell’agricoltura sono molto più adatte per capire le qualità essenzialmente biologiche dell’economia dell’informazione di quanto possano esserlo i vizi meccanicistici della visione industriale del mondo. Jhon Perry Barlow.

In questa evoluzione dell'internet, anche quella dell'uomo è un'evoluzione antropologica dunque e bisogna stare attenti diceva Joshua Meyrowitz già nel 1993 perchè: Spesso rinunciamo alla potenziale libertà di controllare le nostre vite quando scegliamo di non vedere come gli ambienti che modelliamo possono, a loro volta, rimodellarci.

Ecco dunque perché continuo a pensare che sia essenziale riconoscere questo cambiamento e i movimenti che genera sia da un punto di vista sociale che economico.

Riconoscere il mutamento sociale e antropologico di questo nuovo essere umano, 2.0 come lo definisce Bolelli, che vuole comunicare se stesso agli altri. Anche per le aziende diventa una nuova e più interessante sfida: datemi la possibilità di esprimere la mia personalità, magari in modo furtivo, anonimo, discreto, ma fatemi raccontare la mia esistenza.

Chi riuscirà a far raccontare queste esistenze potrà sviluppare il vero business del terzo millennio.

Ho tante idee al proposito ;) ovviamente... ognuna per un'azienda diversa, personalizzata, fatta per far raccontare ad ogni azienda la proprio personalità e la propria singolare esistenza.

sabato, settembre 08, 2007

Sociologia della contemporaneità: troppo presuntuoso, scusatemi

Ho fatto ormai un po' di convegni.

a volte ho portato in giro il mio pensiero.
a volte ho sbagliato a presentarlo, perché troppo proteso, forse, a raccogliere l'attenzione del pubblico, ad accattivarmelo...

in ogni convegno ho cercato però di trasmettere i miei pensieri da due punti di vista:
il pubblicitario;
il webber (che se il termine non esiste melo conio pure).

Oggi voglio parlarne due secondi, di ciò che dicevo, del webber mene frego per ora.

Io credo che ci siano due movimenti che rappresentino molto la società attuale: la molecolarità e la democratizzazione.

- molecolarità nel senso che ovunque tu sia fai comunque parte di tutte le tue comunità, e in questo caso, quelle locali; molecolarità nel senso che oggi il qui e ora non ha senso, perché vissuto nel live è un ora, senza qui, se nonché il qui si possa intendere: la rete... insomma, un nuovo mondo in pratica.

- democratizzazione (e non orizzontalità) che la tecnologia ti consente.

due secondi sul secondo termine (perché non orizzontalità?)

Prendo da Demauroparavia... il mio mito quando mi servon definizioni:
rendere democratico, convertire alla democrazia e ai suoi sistemi di governo: d. un paese, le sue istituzioni

quindi: democratico:
della democrazia; di metodo di governo o tendenza politica che si ispira o è conforme ai principi della democrazia: regime, stato d., leggi democratiche, partito d., forze, schieramenti democratici

quindi: democrazia:
1 dottrina politico–sociale che si fonda sul principio della sovranità popolare

fondamentalmente un mezzo controllato (google in cina docet), che però si fonda sulla sovranità popolare...
quindi: popolare:
del popolo, che proviene dal popolo inteso come insieme dei cittadini: consenso p.

che proviene dal popolo.

e non orrizontale:
di entità che è allo stesso livello di un’altra, che non ha rapporti di subordinazione con un’altra: ufficio organizzato in unità orizzontali, sezioni lavorative orizzontali, associazioni orizzontali

perché sulla rete, c'è sempre un'entità di controllo: sia economica (non tutti posson accedere all'internet... putroppo ancora); sia giuridica (non nuove le "necessità" dichiarate da alcuni (nuovamente il governo cinese per eccesso... ma anche alcuni esponenti dei nostri passati e futuri governi).... sia di altri tipi.

Quindi questa nuova società che propende per la molecolarità, e per la democratizzazione da una spinta propulsiva. Verso nuovi campi e nuovi ambiti.
Non sono i blog e non sono i social qualcosa.

sono verso nuovi modi di intendere e interpretare non solo l'internet, ma la società e il mondo in generale.
Sono verso un nuovo modo di intendere la vita.
Ormai tutti sappiamo di far parte di infinite comunità. ormai tutti sappiamo di poter essere qui (su questo blog... quindi con me a San Giovanni in Fiore? in Sila? per esempio) e ovunque noi volessimo: in america, in inghilterra, in canada e abitare un nuovo luogo, definibile con alcuni filosofi... il live.

dove stiamo andando? perché?

alla ricerca di noi stessi e delle nostre radici, nel tempo e nello spazio, per trovare la felicità.

Ecco dove. Portatemici.

Mi stupisce davvero molto che in tanti ancora oggi non ci pensino abbastanza a questo fine, che poi è il fine comune di tutti noi, comuni mortali, appunto, comuni!

nuovi criteri di usabilità?

Continuo ad interessarmi di design dell'interazione, ormai è un'interesse o un tic, se preferite, che mi ha trasmesso l'amico leandro agrò e al quale non posso più rinunciare.

Fino a qualche anno fa tutti si indignavano se progettavi pagine web troppo lunghe, con spazi bianchi.
Oggi le pagine web sono lunghissime (questo blog non so ora, ma di tanto intanto è lunghissimo) e con tanto spazio bianco nelle colonne di destra e/o di sinistra.
L'utente ha imparato a convivere con queste due nuove esigenze.

I designer sono sempre impegnati a rendere più calde e fluide le esperienze con le pagine.
I content manager sono impegnati a renderle più accattivanti.

Gli interaction designer sono impegnati a renderle più umane, accoglienti, dialoganti.

Propendo sempre la terza categoria. E insisto nel credere che gli interaction designer in Italia si usino ancora poco.

Questo blog, da un punto di vista di content managment credo possa andar bene. Cerco di usare un linguaggio interessante, stuzzicante, ammiccante ma non troppo...
da designer... dopo tutto non fa schifo, non è originale, ma potrebbe anche andar bene.

Da interaction designer dico che fa letteralmente schifo.
Non è ergonomico questo blog. Non è molto usabile. Non è intrigante.

Nella mia tesi di laurea ho provato a dire che il designer dell'interazione cerca di soddisfare quattro requisiti:
• semplificare i compiti complessi;

• rendere efficace lo sforzo compiuto massimizzando i risultati, diminuendo gli errori;

• accelerare i processi, rendendoli più veloci, per ottenere maggiore tempo a disposizione da impiegare in altre cose;

• rendere piacevole, interessante e magari divertente un compito che potrebbe essere davvero noioso.

ovvero: l'artefatto tecnologico permette così di:
a) semplificare il lavoro dell’uomo che non deve compiere macchinalmente infinite volte la stessa operazione. Gli basta, infatti, predisporre nel modo giusto i caratteri mobili su un telaio di legno e iniziare la stampa;
b) rendere efficace lo sforzo, poiché creato un cliché uguale per tutte le copie del libro, si avvia la stampa di infiniti volumi;
c) aumenta così la velocità di produzione e diminuiscono gli errori;
d) la parte emozionale invece è più difficile da verificare, ma riveste sicuramente un ruolo importante.

Della parte emozionale se ne è poi occupato per fortuna il solito Donald Norman con un libro, emotional design, che non rinnova nulla, ma almeno mette in teoria un sapere che in tanti autori avevano già enunciato.

ora quali sono i nuovi criteri? e sono davvero nuovi?
credo di no.
credo che qualcuno (nielsen ad esempio) ci abbiano riempito con il marketing fatto al marketing, la testa di novità non troppo nuove, ma solo passeggere, e in alcuni testi celo dicevano pure.

Adesso che il web ha una propria "esperienza", compiuto un proprio cammino... attrezziamoci per superare alcuni ultimi ostacoli e prepariamoci all'avvento della comunicazione nel live asincrono.

Sarà divertente, per me lo è.

Aggiornamenti da Comunitàzione.it