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mercoledì, maggio 18, 2011

Che cosa è il crowdsourcing?

Crowdsourcing, crowdsourcing, corwdsourcing.
tutti ne parlano, tutti lo vogliono... ma cosa è?

ecco un ottimo video di presentazione del crowdsourcing.


martedì, aprile 20, 2010

il porno del terzo millennio sarà così: porno engagement. (e non solo il porno)

Chiariamo la partenza.
Nasce da questo sito: http://www.mydorcel.com/film.shtml
chi è Marc Dorcel (via wikipedia)?
Marc Dorcel (...) è un produttore cinematografico francesedi film pornografici.
Oltre a produrre film autonomamente, ha anche collaborato con Michel Ricaud e Michel Barny. Il 1º marzo 2006 ha lanciato Dorcel TV, un servizio di trasmissione di film per adulti via satellite e via cavo.

ok.
cosa sta succedendo?
Dorcel chiede una coproduzione per il suo prossimo film da 185'000 dollari.

Come funziona?

    
* Accettate di partecipare e diventare il produttore

    * Partecipare alla produzione, date la vostra opinione partecipando a sondaggi e quiz
    
* Condividi i vantaggi dei film e recuperate il vostro investimento



Come verrà ripartito il budget?

quando bisogna investire?
 adesso chiariamo il mio interesse per questo caso: il porno è certamente insieme al turismo (!) e al più generico giro d'affari del traveling il settore più interessante da un punto di vista economico dell'internet. (in italia da quando si son aperte le porte al gioco digitale... non so se sia superiore al traveling come giro d'affari ma saremo lì penso...).

Bene, a voi adesso discutere di mydorcel.com
con tranquillità.

sabato, gennaio 26, 2008

tra restringementi e dilatazioni, ci sono anche le dissoluzioni

La società che ha conosciuto la conquista della velocità con i motori a scoppio, dell'allungamento della giornata lavorativa per mezzo della lampadina di Thompson, e della nuova prospettiva visiva per mezzo degli aerei, oggi scopre che è possibile dilatare il tempo e restringere lo spazio.

Dilatare il tempo perché i mezzi informatici consentono di mantenere comunicazioni tipicamente sincrone in modo asincrono per esempio; o anche di restringere i tempi di ricezione/invio di una comunicazione scritta; e ancora di più, per mezzo dei telefonini fare in movimento, sempre per esempio, quello che prima si sarebbe dovuto fare "non appena arrivati a casa": prendere appuntamenti per strada, spostarli, anticiparli.
Una dilatazione (intesa come maggiore disponibilità di usufrizione del tempo: il tempo diventa sempre più molecolare e scindibile) ma anche un tempo che può essere esteso fino all'impossibile: grazie a skype potete rispondere in chat (strumento tipicamente sincrono) in modo asincrono anche a distanza di alcune settimane... E quindi il tempo si dissolve per trasformarsi nel tuo personale, unico, individuale LIVE, ma che diventa anche il live dell'altra: condivisione e individualismo: co-individuale.

Restringere lo spazio: esser presenti in diversi luoghi contemporaneamente per mezzo delle telecomunicazioni a basso costo, per esempio ancora; o dialogare contemporaneamente con persone disperse in luoghi diversi del planisfero. E per questo luoghi personali, individuali, che diventano però teatri della condivisione: quando, prima delle tecnologie del 900 si sarebbe potuto immaginare di condividere uno spazio fisico in Italia con chi vive negli USA?
Uno spazio che si riproduce quindi nel LIVE con-diviso, ma personale del ricevente e personale del mittente, che si cambiano i ruoli nel tipico caso di comunicazione bidirezionale.

Dopo aver vissuto questa evoluzione per dieci anni, adesso gli adattori precoci sono pronti non solo per raccontarla agli altri, a fargliela vivere, a spingerli in questa direzione, ma sono anche molto più coscienti delle possibilità e delle potenzialità di questi nuovi strumenti.

Divulgaono il loro verbo, invitano gli amici ad assaggiarne i sapori, gli odori e i colori.

Questi due elementi consentono un nuovo agire sociale e un nuovo agire comunicativo.

Questo nuovo agire comunicativo e sociale, che consente una nuova interazione con gli altri e con il circostante, agendo come protesi sensoriale estrema, nel tempo e nello spazio, consente una ripresa di un marciare nuovo, inedito per alcuni versi. Dall'amore per il marketing, i comunicatori, dovranno passare al marketing dell'amore; per riscoprire poi che l'abuso dell'emozione si ritorce solo contro chi fa marketing della finzione. E il marketing dell'amore ragionato, futuro prossimo, è quello che accade già in alcune parti del mondo e che sta per accadere anche in Italia.

Saremo aziende e (sopratutto agenzie) in grado di amare i nostri clienti, che diventano amici/amanti con i quali dovremo vibrare all'unisono nel loro e nella nostra individualità. Personalizzare i servizi e personificazione del brand; amare il singolo per fargli vivere delle interessanti avventure con-divisibili.

mercoledì, gennaio 09, 2008

persone e aziende: valore

Conosco persone in grado di far grande una società (leandro, ne è un esempio) ma conosco poche aziende (in Italia di sicuro) che sappian far grande un uomo...

Cioè... qualcosa non torna, i conti non contano e non tornano i tornii.

Help! Gerontocrazia? a me vien da ridere.

i siti per viaggiare: ma perché son così?

Viaggio molto. i miei amici mi sfottono: dicono che vivo sui treni.

in parte è vero.
ora forse un po' meno, dal momento che vivo a Milano, ma prima... quanti viaggi e quanta fretta: milano-salerno, cosenza-bologna, salerno-perugia, cosenza-lecce e così via.

E in tutti questi anni mi son sempre chiesto: perché mai il sito di trenitalia non mi chiede a che ora voglio arrivare, anziché chiedermi a che ora voglio partire?
dell'orario di partenza mene frego se viaggio per lavoro: mi interessa l'orario di arrivo.

Ecco cosa mi interessa.

Ma anche alitalia, edreams, e tutti gli altri siti: continuano a chiedermi a che ora vorrei partire... ma spesso non lo so, non ne ho idea: ma so con precisione a che ora devo esser in alcune città.

Design dell'interazione, design dell'architettura, usabilità... e poi spesso e volentieri, ahimé, ci dimentichiamo delle esigenze degli utenti, dei clienti e di chi ci vorrebbe ascoltare.

Devo esser a Cosenza per le 15, parto da Milano, che treno devo prendere? questa è la mia domanda. Chi mi sa fornire una risposta esatta, qualificata e giusta, molto probabilmente sarà il mio fornitore del servizio.

Ovviamente questo non vale sempre e comunque. Dovrei aver la possibilità di dire al sito anche quando vorrei partire a volte, anziché a che ora vorrei arrivare, ma questo lo sanno far tutti: basterebbe aggiungere qualche script, qualche funzione, qualche interazione...

Ma ancora oggi con i messaggi si riesce ad interagire poco: e in realtà la verità è che l'internet ci permette nuove interazioni con i server... solo che tutti continuano a vedere il processo comunicativo fatto da "emittente-canale-ricevente" e non pensano che potrebbe diventare (può e deve secondo me, diventare...) emittente-canale-server che diventa emittente nuovamente-canale-ricevente"... chissà perché poi c'è così tanta difficoltà.

Di questa cosa ne parlavo tempo fa... qui. ...e da notare bene, odio la definizione di web 2.0, non da un contributo al web definirlo così se non si scoprono quali sono le vere cose "nuove" che il web permette.

ah... non solo io la penso così a proposito del web 2.0... anche e meglio di me ne parla uno che prendo sempre da esempio, anche se sempre in modo critico, Giancarlo Livraghi per esempio ultimamente si esprime così sul web 2.0, in precedenza così.

venerdì, gennaio 04, 2008

Investimenti pubblicitari

Raramente dedico del tempo a trovare una bella foto per i miei post. non le uso mai.
In questo caso avrei voluto disegnare un bel pullman che, sulle strisce pedonali, investe un po' di gente, per rappresentare l'investimento pubblicitario.

Però mi arrogo il diritto di citare Massimo Troisi:
A Napoli la disoccupazione è un problema che va risolto.
E i politici ce la stanno mettendo tutta. Hanno pensato di risolverlo con gli investimenti.
Solo che poi hanno visto che con un camion dei carabinieri riescono a investirne uno, due. Quelli so tanti, son troppi ecco.
Se vogliono risolvere veramente il problema,
con una politica seria e impegnata,
l''unica cosa da fare: han' e pijlia camion più grossi.
I camion più grossi, bisogna prendere.
Ed ecco allora che gli investimenti pubblicitari si spostano dove batte la lingua: si parla così tanto dell'internet che molti sono pronti a scommettere che gli investimenti sull'internet batteranno (o hanno già battuto, sentendo alcuni) quelli nella tv. Per altri invece, ovviamente, il vero investimento sarà il mobil advertising: altro punto dove batte la lingua.
Allora, dove si stanno spostando gli investimenti pubblicitari?
Beh, in Italia sono abbastanza fermi, con una buona rincorsa verso la rete e una corsetta verso il mobile. Ma la tv la fa da padrona.

In Italia poi, anche il guerrilla marketing sta riscuotendo, dopo più di 20 anni dalla sua introduzione, un discreto successo, sopratutto tra i blogger ad esser sinceri.
E allora? beh, i dati non parlano chiaro: sono pochi, frammentati, frammentari, e troppo spesso generati da "parti in causa" che hanno poca necessità e tanta virtù nel dipingerli in un modo diverso da quello reale.
E quindi? non ci resta che affidarci alla buona, vecchia e a me cara osservazione.
L'internet è sempre più usata, ma all'interno di comunità ristrette: più persone lo scoprono e più spingo i propri pari ad usarla. Ma come evidenziano i dati di Giancarlo Livraghi non solo l'Italia è ancora indietro rispetto ad altri paesi, ma è un arretramento che ha origini lontane: pare infatti che dove siano diffusi l'uso dei libri e dei quotidiani, più alta sia la propensione all'internet. Ovviamente dunque in Italia, leggendo poco libri e quotidiani...
E allora? Gli investimenti pubblicitari si spostano, si sposteranno o converrebbe spostarli sull'internet?
Che ci sia un incremento costante (non esponenziale) è un dato di fatto, anche perché è costante l'incremento dell'uso della rete.
Larghe fasce della popolazione non accedono all'internet: sopratutto i ceti bassi. Ovviamente questo significa che ci sono ottime fasce all'interno delle quali investire per creare dei nuovi servizi da offrire a queste persone.
Cioè, se uno non usa l'internet, a volte potrebbe esser perché non ne ha bisogno? vive bene anche senza la rete? non sa che farsene?
Quindi ci sono grandi spazi nei quali lavorare, non solo per accapparrarsi gli utenti che già sono collegati alla rete, ma per spingere anche nuovi utenti a collegarsi... casalinghe con più di 50 anni, pensionati da lavori edili o agricoli; sono solo alcuni esempi di fasce della popolazione italiana che personalmente ho potuto constatare, non abbiano un grande interesse verso l'internet.
Ok, attrarre nuovi investimenti sulla rete, ok iniziare a dirlo, così magari qualcuno ci casca e inizia la corsa verso la rete, ma un ottimo metodo sarebbe proprio quello di attrarre nuove persone verso l'uso di questo medium e di questo strumento.

martedì, dicembre 18, 2007

Cruciverba. uno orizzontale: non scrivete l'internet.

L'internet viene definito orizzontale e democratico.
Ho cercato in alcuni post di spiegare come questa definizione potesse essere fuorviante.
Nessuno vuole negare che l'internet permetta in teoria una nuova democrazia e una nuova orizzontalità dei messaggi e alle persone (e merci); ma non dibbiamo farci trarre in inganno dalle teorie neppure. Infatti definire l'internet come orizzontale e democratico è fuorviante perché potrebbe convincere alcune persone di cose non propriamente vere. Non sarebbe per caso più interessante parlare di uno strumento che consente di creare relazioni e che su queste relazioni quindi ci dovremmo concentrare più che sul numero di utenti che ci leggono?


Ora provo a dirlo in altre parole.

Uno strumento e un media per esser definiti orizzontali devono avere dei requisiti:
a) accessibilità economica;
b) accessibilità nello spazio;
c) accessibilità nel tempo;
d) accessibilità in termini cognitivi.

(la tv li rispetta tutti. il telefonino usato come telefonia pure...)

a) un martello è accessibile (economicamente) a tutti, tutti lo possediamo o potremmo permettercelo; magari non dei migliori, ma uno "discreto" costa poco. Chi non ha un martello in casa? un paio di forbici? un rotolo di nastro adesivo?

b) il martello se vuoi lo porti in giro, il paio di forbici ancora più semplicemente; ma sopratutto avendolo tutti in casa, ecco che non è difficile reperirli.

c) emm... si deteriorano difficilmente, e la loro funzionalità è sempre la stessa. Conservano i "tratti" del tempo che passa, ma non per questo si abituano a tagliar storto o a mandar giù i chiodi di traverso, con l'esperienza impariamo a tagliare e a martellare, e così loro sono uguali a prima grosso modo e nel limite della loro materia (la vite delle forbici molto spesso si scassa, ma basta una sistematina).

d) a livello cognitivo chi non sa usare un martello o un paio di forbici?

E vogliamo parlare di un foglio di carta?
beh, è un mezzo di comunicazione, o no? Una penna a sfera è una buona interfaccia. Accessibili in termini cognitivi ed economici, trasportabili nello spazio, ma anche nel tempo.

L'internet cosa ha in comune con questi strumenti?

Si, l'accessibilità nello spazio potremmo raggiungerla, nel tempo presenta qualche problema perché i dati aumentano vertiginosamente e controllarti è sempre di più un problema, ma sorvoliamo (per ora... è importante l'oblio invece).

A livello economico è un investimento il pc; un investimento la rete. non tutti possono permetterselo e difatti ci son famiglie che sono sprovviste. A livello cognitivo accedervi è ancora complicato. Reperire le informazioni cercate ancora di più, perché google da delle buone risposte, ma non le migliori in assoluto.

Ok, problemi sorvolabili.

Orizzontale?
Che da a tutti le stesse possibilità. L'internet? Avete le migliori scarpe del mondo, avete le stesse possibilità della nike di farle conoscere? non credo.
E' orizzontale quanto il mio foglio di carta e la mia penna a sfera (bic, la adoro).
Scrivo, ripongo nel cassetto e lo faccio leggere ai miei amici. Che sono già miei clienti possibilmente.

E' orizzontale perché potenzialmente mi permette di far conoscere il mio pensiero a chiunque? beh, anche la classica lettera nella bottiglia di vetro. Ma quante sono le bottiglie di vetro che nessuno ha mai letto?

Ok, allora perché dovremmo convincere un imprenditore ad investire in un mezzo sul quale potenzialmente il suo messaggio andrà alla deriva, o ancora peggio, il suo messaggio non sarà mai letto da nessuno?

Un motivo c'è, anzi più di uno. Uno sono le relazioni. L'internet permette di creare delle relazioni. Il valore di queste relazioni è incommensurabile, o ancora meglio, al momento non comprensibile. Io scrivo su questo blog, poi mi contattano alcuni di voi lettori dicendomi che il giorno dopo il loro prof. all'università ha detto le stesse cose.
Io non so se il prof. abbia letto questo post. A volte è coincidenza. A volte no.

Quindi (due), sono la creatività e tre la condivisione.

Direi che l'internet permette una nuova creatività e condivisione, un insight continuum di potenziale creativo e relazioni.

A me interessano un po' troppo questi aspetti forse, ma credo che iniziando a dire le cose come stanno, si creano meno falsi miti e meno scottature.

il quarto punto potrebbe essere la facilità di ricerca delle informazioni: se questa fosse effettivamente semplice. Uso l'internet spessissimo, non sempre mi da le risposte giuste e non sempre le migliori. Anche qui si dovrà lavorare parecchio ancora, e sopratutto oggi che le informazioni aumentano ad un ritmo enorme... (un consiglio: se avete una buona soluzione, ci sono tutti gli spazi per superare google).

lunedì, dicembre 03, 2007

Creatives are bad: milano, dal 5 al 21 dicembre

Sale sale e non fa male a salire la febbre dei creativi che si confrontano con i clienti, questa volta a Milano, presso la sede dell'AIAP (fermata Lima o Loreto della metro rossa, come preferite arrivarci) e che sarà aperta dal lunedì al venerdì dalle 14 all 18.

La mostra della pubblicità rifiutata ( :D ) alle agenzie dai clienti, che riscuote sempre un grande successo, questa volta si sposta nell'olimpo della pubblicità, per dialogare con i creativi e i clienti, sopratutto, di Milano e del nord Italia.

Per chi volesse andare a vederla: non perdete questa occasione. per chi non ci potesse andare: fatevela raccontare. Per chi non è interessato: beh, la curiosità è femmina e aiuta il cervello.

ok, bando alle ciance, vi incollo il comunicato, tanto per gradire ;)

Dopo il successo riscosso a Cava de'Tirreni (Sa) e a Narni (Tr), la seconda edizione di Creatives are Bad! parte per una nuova importante tappa presso la sede Aiap a Milano.
L'Aiap, già ente patrocinante dell'evento, ospiterà la mostra presso la propria sede, in via Ponchielli 3, dal 5 al 21 dicembre.

Creatives are bad!, nata da un'idea dell'agenzia di comunicazione integrata MTN Company di Cava de'Tirreni, in collaborazione con Comunitàzione.it., è una mostra nazionale sulla comunicazione rifiutata o censurata, che espone i lavori mai pubblicati realizzati da agenzie e studi di progettazione italiani per le categorie di adv classico, progettazione grafica e spot tv.

La mostra vuole essere un momento per riflettere e confrontarsi su problematiche comuni e per interrogarsi sui perché celati dietro i rifiuti dei clienti, mettendo in risalto, quindi, le questioni legate alla comunicazione tra committenti e creativi.

A testimonianza della sua validità, la mostra gode di importanti patrocini: AIAP - Associazione Italiana Progettazione per la Comunicazione Visiva; Università La Sapienza - Facoltà di Scienze della Comunicazione; Università degli Studi di Salerno - Dipartimento di Scienze della Comunicazione; Provincia di Salerno - Assessorato al Lavoro ed alle Politiche Giovanili; Comune di Cava de'Tirreni; TP - Associazione Pubblicitari Professionisti; Ministero della Grafica; Federpubblicità.

Dopo il successo dalla prima esposizione, allestita a fine luglio nella città metelliana, e la seconda, che l'ha vista ospite di Attraversamenti 07, festival della grafica organizzato a Narni, Creatives are Bad! sarà a Milano in versione Tracks, ovvero in una variante dell'esposizione lievemente ridotta.Il secondo appuntamento nazionale di Creatives are Bad! offrirà dunque la possibilità a nuovi pubblici di esaminare ed apprezzare le tavole esposte, mossi da un costruttivo spirito critico volto ad unire e far crescere insieme i professionisti italiani della comunicazione.

mercoledì, ottobre 17, 2007

a proposito di interazione

Canticchiatemi, per cortesia... 21 modi per dire ti amo. E' di venditti. La conoscete?

21 rose, 21 re, 21 diamanti nella mia mano 21 lune senza te, 21 giorni sull'altopiano e la ragazza del luna park ha caricato il suo fucile 21 colpi davanti a me, è così facile morire in nome dell'amore, oh dell'amore io combatterò, per amore.

mi canticchiate "zirichiltaggia"?, è di De Andrè.
Di chissu che babbu ci ha lacátu la meddu palti ti sei presa lu muntiggiu rúiu cu lu súaru li àcchi sulcini lu trau mannu e m'hai laccatu monti múccju e zirichèlti.

Mi canticchiereste Alba chiara?
beh, che succede?
Zirichiltaggia, la conoscono in pochi, ma alba chiara? è famosissima.

Ci sei riuscito?
ok.
ti do un'aiuto.
Respiri piano per non far rumore ti addormenti di sera ti risvegli con il sole sei chiara come un'alba sei fresca come l'aria.

ora ci riesci?


perfetto.

Mi canticchieresti Azzurro?
e ora Certe Notti, ligabue?

certe notti... la macchina è calda e dove ti porta lo decide lei. Certe notti la strada non conta e quello che conta è sentire che vai. Certe notti la radio che passa Neil Young sembra avere capito chi sei. Certe notti somigliano a un vizio che non voglio smettere, smettere mai.

Dove hai trovato maggiori difficoltà, dimmi la verità. con quelle canzoni, tipo zirichiltaggia, che non facilmente si cantano intorno ad un fuoco, vero? e con alba chiara, dove il titolo non richiama direttamente il testo.
Perché? perché non interagisci con la canzone, e perché, nel caso della canzone di Vasco, perché l'elemento richiamato non ti si collega subito con le parole della canzone.

ok.
assodato.

Buonaseeeeeeeera.
Ti richiama una pubblicità?
ok, fiat.
che auto?

il ciclista che si poggia sulla macchina e la macchina che riparte?
ok, fiat, ma quale auto?

eppure ci hai interagito, almeno di certo con la prima.

E se ti dico: col sapor di cioccolato rende il latte prelibato, se hai più di 20 anni dovresti riconoscerlo. Che marca è? indelebile vero? (o noh?)

E chi ha scritto il fu mattia pascal? e "George Gray"? è una poesia di Edgar Lee Masters.
l'abbiamo letta tutti a scuola.
Molte volte ho osservato
Il marmo che hanno scolpito per me
Un vascello con la vela ammainata
Alla fonda in un porto.
In verità ciò non rappresenta la mia destinazione
Ma la mia vita.

Perché mi fu offerto l'amore e io fuggii
I suoi disinganni;
Il dolore bussò alla mia porta, ma ebbi paura;
Mi chiamò l'ambizione, ma le opportunità mi hanno
Terrorizzato.

Eppure desidero di dare
Un significato alla mia vita.
E ora io so che bisogna alzare le vele
E prendere i venti del destino
Dovunque conducano il vascello.
Dare il significato alla propria vita

Può finire in follia,
Ma la vita senza significato è la torturasenza requie e vago desiderio.
E' un vascello che anela al mare
E ne ha paura.

Avete mai interagito con questa poesia?
Comunica. Ma ci interagite?

Fernanda Pivano ha magicamente tradotto Spoon River. A me piace. Lo conosco a memoria.
In questa poesia c'è il ritratto delle aziende che si comunicano con "buonaseeeeeera" e di veri capolavori, come "zirichiltaggia" o "a dumenega" sempre di De Andrè e tanti altri.

C'è un problema di comunicazione, molto importante.
Più di uno.

il primo è:
non si può parlare con tutti, non sempre è voluto, desiderato, sperato, richiesto.
a cosa che serve la pubblicità televisiva a queste aziende?

il secondo:
perché spendere tanti soldi quando si possono ottenere risultati migliori con comunicazioni mirate?

il terzo?
avete dei buoni consulenti?

State interagendo con i vostri "ascoltatori", o destinatari se preferite?
Certi? sicuri?

vendete birra?
create una bottiglia unica, un sapore descrivibile, memorabile, che mi dia l'occasione di parlarne ai miei amici. Costruite per un'esperienza di consumo. Voglio parlare di voi.

vendete Personal computer?
offrite un buon servizio sì che vi consigli ai miei amici, non posso sfigurare.

siete un provider?
fatevi consigliare. potrei portarvi centinaia di clienti. muovo circa 1000 domini in un anno. non li ho mai fatti spostare dal mio provider: non ne ho mai trovato uno affidabile, e lui lo avrei cambiato volentieri.

producete CD?
sono anni che vi chiedo di creare confezioni uniche; non dovete badare alla musica: quella la scarico gratis da internet, perché per me non è un reato. compro volentieri un cd, ma datemi qualcosa in più. Che ne so, una raccolta fotografica del concerto, i testi delle canzoni con la descrizione dell'autore, la presentazione di mia zia, la foto di mia nonna che canta durante il concerto... un video esclusivo... qualcosa! che non mi può dare un MP3: l'eperienza di consumo, o meglio: l'interazione con il prodotto.

Avevate iniziato a produrre CD che contenessero oltre la musica dei prodotti multimediali. Sapete perché è fallito il progetto? perché i giochini che inserivate erano orribili, difficili, complicati e invisibile. Ne ho scoperto uno su un CD dei 99Posse molti anni dopo averlo comprato. Eppure sono stato "uno smanettone"...

avete un ristorante, un pub, un bar?
vendetemi sorrisi e cioccolatini al mio arrivo; vi siete mai chiesti perché due bar, uno in fronte all'altro, uno pieno l'altro vuoto: la cortesia. Mi vendono un sorriso, uno sguardo, un'esperienza di consumo.
datemi la possibilità di raccontare ai miei colleghi cosa mi avete raccontato: un aneddoto, una barzelletta; cosa mi avete offerto: un portachiavi, un cioccolatino, un dessert, tre croissant; fatemici portare la mia compagna: convincentemi con un servizio riservato, esclusivo, da amico...

e su, non ci vuole molto: voglio interagire con le persone: le aziende del 2000 sono sempre più sicuro: sono fatte dalle persone, altrimenti chiedetevi per quale motivo se il vostro account (o venditore) migliore sene andasse per quale motivo perdereste quasi tutto il portafoglio clienti che gestisce: NOI VOGLIAMO LE PERSONE, non le marche, perché con le persone interagiamo... potremmo farlo con le marche, ma molti di voi non sanno cosa sia l'interazione.

sabato, settembre 08, 2007

nuovi criteri di usabilità?

Continuo ad interessarmi di design dell'interazione, ormai è un'interesse o un tic, se preferite, che mi ha trasmesso l'amico leandro agrò e al quale non posso più rinunciare.

Fino a qualche anno fa tutti si indignavano se progettavi pagine web troppo lunghe, con spazi bianchi.
Oggi le pagine web sono lunghissime (questo blog non so ora, ma di tanto intanto è lunghissimo) e con tanto spazio bianco nelle colonne di destra e/o di sinistra.
L'utente ha imparato a convivere con queste due nuove esigenze.

I designer sono sempre impegnati a rendere più calde e fluide le esperienze con le pagine.
I content manager sono impegnati a renderle più accattivanti.

Gli interaction designer sono impegnati a renderle più umane, accoglienti, dialoganti.

Propendo sempre la terza categoria. E insisto nel credere che gli interaction designer in Italia si usino ancora poco.

Questo blog, da un punto di vista di content managment credo possa andar bene. Cerco di usare un linguaggio interessante, stuzzicante, ammiccante ma non troppo...
da designer... dopo tutto non fa schifo, non è originale, ma potrebbe anche andar bene.

Da interaction designer dico che fa letteralmente schifo.
Non è ergonomico questo blog. Non è molto usabile. Non è intrigante.

Nella mia tesi di laurea ho provato a dire che il designer dell'interazione cerca di soddisfare quattro requisiti:
• semplificare i compiti complessi;

• rendere efficace lo sforzo compiuto massimizzando i risultati, diminuendo gli errori;

• accelerare i processi, rendendoli più veloci, per ottenere maggiore tempo a disposizione da impiegare in altre cose;

• rendere piacevole, interessante e magari divertente un compito che potrebbe essere davvero noioso.

ovvero: l'artefatto tecnologico permette così di:
a) semplificare il lavoro dell’uomo che non deve compiere macchinalmente infinite volte la stessa operazione. Gli basta, infatti, predisporre nel modo giusto i caratteri mobili su un telaio di legno e iniziare la stampa;
b) rendere efficace lo sforzo, poiché creato un cliché uguale per tutte le copie del libro, si avvia la stampa di infiniti volumi;
c) aumenta così la velocità di produzione e diminuiscono gli errori;
d) la parte emozionale invece è più difficile da verificare, ma riveste sicuramente un ruolo importante.

Della parte emozionale se ne è poi occupato per fortuna il solito Donald Norman con un libro, emotional design, che non rinnova nulla, ma almeno mette in teoria un sapere che in tanti autori avevano già enunciato.

ora quali sono i nuovi criteri? e sono davvero nuovi?
credo di no.
credo che qualcuno (nielsen ad esempio) ci abbiano riempito con il marketing fatto al marketing, la testa di novità non troppo nuove, ma solo passeggere, e in alcuni testi celo dicevano pure.

Adesso che il web ha una propria "esperienza", compiuto un proprio cammino... attrezziamoci per superare alcuni ultimi ostacoli e prepariamoci all'avvento della comunicazione nel live asincrono.

Sarà divertente, per me lo è.

mercoledì, giugno 13, 2007

i siti web: organismi viventi

Devo fare il sito, mi vieni a trovare in azienda?
E' una delle domande che mi capita più spesso.

Non: voglio fare business online, ma *devo fare* il sito: dover fare come obbligo. E voglion la brochurina.

tu li incontri, gli spieghi che...

Il sito web è un organismo vivente, non una brochure. Il web è fatto di persone non di carta, ed è modificabile, allungabile, cancellabile, riscrivibile, random...

Le intuizioni vecchie di Eco sul lettore sono utilissime quando si parla di web e dell'internet. Soprattutto perché quasi mai il lettore entra dalla home page, solitamente da una pagina del tuo sito, e da lì deve iniziare la navigazione.

Ma è un organismo vivente dicevamo: all'inizio un bambino lo porti spesso dalla dottoressa, ad ogni tremore, ad ogni palpito esagerato del suo cuore oppure quando il suo cuore batte troppo lentamente. Per un raffreddore, per un graffio... poi crescendo lo porti sempre meno dal dottore perché sai che ha imparato: per tentativi ed errori, per apprendimento, per sociolizzazione, il bambino attraversa le fasi della crescita fino a diventare adulto, metter su famiglia e adesso tocca a lui ricominciare il tuo ciclio.

Il sito funziona allo stesso modo: lo metti alla luce, lo fai conoscere a parenti ed amici che ti diranno: è tutto suo padre o sua madre, ma gli occhi... sì, sembra fatto con lo stampino (brand!), il marchio di fabbrica e siggillo di garanzia.

Ma lo porti spesso dal dottore: appena avviato un sito web deve andar spesso dal webmaster per modifiche, revisioni, miglioramenti al design e all'interazione, soprattutto al design dell'interazione.

Controlli che chi ti venga a trovare non lo stropicci troppo il tuo bambino? non lo secchi? non lo faccia mettere a piangere? non lo butti giù dal balcone il fratellino più grande?

Bene, con il sito web devi fare lo stesso.
Hacker, concorrenti e tutto il resto potrebbero volergli male, quindi occhio, e ci vuole il tuo, ma anche quello di un esperto: il medico del web.

Dopo inizi a portarlo in giro: a scuola, agli incontri con i tuoi amici, prima nella culletta e piano piano in braccio e poi che cammina da solo. Telo porti in vacanza al mare, in quelle di Natale e di Pasqua. Lo fai anche per vantartene e farlo conoscere in giro: questo è il mio gioiello, mio figlio, frutto dei miei lombi.

Così il sito web lo presenti ai motori di ricerca, ai siti specializzati, adesso anche ai blogger... trovi tutte le strade e le strategie per presentarlo alla società, quella on line.

Se il cliente non lo sa fare, anche qui si affida a qualcuno che lo faccia per lui: un college per tuo figlio? una squadra di calcio? la palestra? il catechismo? uguale, tale e quale.

Crescendo lo devi spingere ad incontrare le ragazze, i suoi coetanei, il gruppo dei pari. Ma anche a farsi rispettare, a crescere e a crescere in autostima.

Anche per il tuo sito web: funziona così, lo presenti in giro, lo fai visitare, continui ad aggiornarlo e ad istruirlo.

Perché parlo di Istruzione? perché adoro dare intelligenza propria ai siti web. In grado magari di sapere cosa cerca il nostro utente, cosa vuole, dove vuole andare... ma non lo può sapere quando lo progetto, no. Lo deve imparare con il tempo, da solo o con il mio aiuto dandogli una mano a fare i compitini.

Poi magari lo facciamo iscrivere all'università, gli compriamo una bella macchina e... lo invitiamo ad accomodarsi fuori da casa nostra perché deve farsene una di sua. Ma poi subito dopo lo rivogliamo con noi a pranzo la domenica, a cena la notte di natale.

Insomma, il web è un organismo vivente. Trattiamolo da tale e faremo business anche senza volerlo.

Il libro di Leonardo Bellini però, fre business con il web, qui recensito da me, è un ottimo strumento per fare business attraverso il web.
Ma non dobbiamo dimenticarci o sottovalutare la funzione di organismo vivente del nostro sito.

Ci sono dei libri che mi danno ragione: ma quello che è eccezionale... è quello dell'amecarissimo Giancarlo Livraghi: La Coltivazione dell'internet

domenica, giugno 03, 2007

pensare globale ed agire locale.

No.

Mi stupisce che mi sia venuta in mente questa stronzata.
Ma è un modo di ragionare.
Mi serve credo.

Dai, ci proviamo insieme? io butto giù un po' di cose, come mi capita solitamente, cerco di (s)ragionare da solo... poi magari mi dai una mano, vediamo che ne vien fuori...

Non sarebbe meglio pensare locale, agire globale?
lo trovo qui
http://www.accenture.com/Countries/Italy/Research_And_Insights/Outlook/outlook_riboud.htm
Accenture.

Pensare globalmente ed agire localmente.

Sinceramente sto pensando localmente, per agire globalmente.

Non so chi dei due abbia ragione.

Se penso al globale inizio ad aver paura, a confondermi, a voler tuffarmi nel mare e arrivare a nuoto a New York, partendo dai miei bei 1100 s.l.m.

Se penso locale, vedo la s.s. 107, vedrò un aereoporto a Crotone, forse arriverò a New York.
E' anche vero che forse non partirei proprio. Però ho una possibilità in più di arrivarci mi pare, al mio obiettivo.

Le solite menate da adrenalina comunicativa? Oppure sensate sensazioni?

Se un mio cliente mi chiede di creargli un sito web o una comunicazione, e mi dimentico che il suo settore principale, magari è un ristorante, è il luogo preciso in cui è disposto, l'incrocio a destra, l'ingresso nel paese, i 300 metri di raggio intorno alla sua attività commerciale... sto pensando globalmente, perché gli creo un bel sito web, la pubblicità magari che esce su viaggi di repubblica... ma mi rimane con il ristorante vuoto.
Vado per farmi pagare e mi prende a pesci in faccia, o no? (se ha i soldi ancora per comprarli i pesci).

No, in comunicazione almeno, voglio pensare localmente ed agire poi magari per il globale, per aumentare *dopo* i suoi ritorni.

Questa cavolata del globale/locale mi serviva solo per... mi stupisco davvero molto a vedere come molte aziende investano soldi nella pubblicità in modo sbagliato, proponendosi mete esageratamente ampie e tralasciando il mercato più vicino al proprio naso. Se iniziassero a pensare al locale e poi ad agire su vasta scala, in un secondo momento, quando hai una posizione consolidata alle spalle, non sarebbe meglio?

E il viral marketing... beh, credo che stiker e cartoline, palloncini, applicazioni adesive, targhe, frecce, modelle, t-shirt, bambini che si affollano alla vetrina... dovrebbero esser fatti vicini il punto vendita, ma non per fare marketing virale, no... semplicemente per pensare al luogo.

p.s.
forse in realtà pensare globale vuol dire pensa a tutto; agire locale, forse vorrà dire: pensa prima a dove metti i piedi.

p.p.s.
Vista la mia confusione sull'argomento, anziché inviare le mie solite duemila email per chiarirmi il concetto, qualcuno di voi può darmi una mano?
grazie.

lunedì, maggio 21, 2007

La sfida dei contenuti e la RAI

Endemol. Contenuti. Mediaset. Rai. Tv. Web.

Iniziamo col fare un po' di nomi, cognomi e "cose".

Poi pensiamo al discorso centrale: i contenuti oggi, ieri, domani.
Adesso mescoliamoli. Concentriamoci e ragioniamo.

Endemol è un produttore di contenuti. Ma adesso è, in qualche modo, anche un editore.
Niente di male. Mediaset è sempre stato un produttore di contenuti, e la Rai (mamma RAI) lo è stato anche di più e meglio per lungo tempo (fin quando è stata da sola). Poi un giorno non è stata più sola e anziché migliorare l'offerta, la concorrenza ha disintegrato la Rai.

A pensarci mi sembra strano, un paradosso se vogliamo, eppure è andata proprio così.
Ricordo, senza andare troppo lontano o troppo ai "mostri sacri", i programmi di Sergio Zavoli. Dove è?
Abbiamo deciso di disintegrare l'offerta televisiva: basta con le tre "E", la gente vuole una sola "E": entertainment. Questo hanno pensato, si son detti e hanno fatto nei piani alti della tv.

Adesso gli ascolti calano, un po' dapertutto, non solo in tv, ma mentre gli ascolti delle radio crescono (e loro le tre E... in qualche modo continuano a seguirle, e producono spettacolo di grande qualità: viva radio 2, il ruggito del coniglio, anche il nostro amico Righetti con il suo Comunicattivo...), dicevamo che la tv perde ascolti.

Male.
I contenuti non piacciono? Nessuno ha mai pensato a questo. Si son date diecimila risposte, ma mai la più ovvia. Nelle ricerche etnografiche, ma anche Beniamino Placido in Italia, spesso ci hanno rammentato il nuovo scettro del potere: il telecomando.
Poi però chi la televisione "la fa" sene dimentica e quindi non pensa al nostro scettro, non pensa al pulsante off di quello scettro...

Ok, questo è il passato.
Il presente invece è rappresentato dalla certezza che la RAI dovrà piano piano sostituire tutte quelle ore coperte da Endemol con contenuti offerti da nuovi autori/produttori.
Ho tante idee di nuovi format. Anche voi le avete. Ne abbiamo tutti, come al solito: la comunicazione è come la nazionale di calcio, tutti siamo meglio del CT, anche se poi però... Lippi i mondiali li ha vinti!

Però è vero. Abbiamo grandi idee. E servono. Servono i produttori che ascoltino queste idee. Serve creare un contatto all'interno della RAI e proporre queste idee e questi contenuti.
Magari con dei promo. Magari con dei layout. Magari uno scripting. Non so.

E a questo proposito:
a) sono disponibile a confrontarmi con chiunque per creare delle proposte da presentare in RAI o a dei produttori. O se siete dei produttori... eccomi qua.
b) parlia di qualche idea.

E quindi andiamo al futuro.
E' possibile rendere la tv interattiva? sì, e anche senza il digitale terrestre.
www.silatv.it è una tv interattiva, o meglio, una tv 2.0 dove i contenuti vengono prodotti dagli utenti.
Mi spiego.
Si raccolgono gli MMS, si SMS, i comunicati stampa, le news, gli articoli, li si incasellano all'interno del palinsesto e li si manda in onda.

La tv che si avvicina al web, ai telefonini, alle nuove tecnologie.
Credo che ci siano tanti altri strumenti da utilizzare. E tanti altri contenuti da poter ricevere. E tante altre idee per migliorare l'interattività della tv, anche di quella che esiste già, senza dover poi modificare tanto alcunché.

Certo il digitale terrestre aiuterà. Ma anche quella attuale non è niente male.
Basta saper cogliere le opportunità. Basta saperle mescolare. Basta rendere un servizio agli utenti.

Se fin ora abbiamo tentato di vendere dei "prodotti televisivi" a dei target, forse è il caso di ricominciare a vendere "servizi" agli "utenti".

E' una mia idea. Sono pronto a metterla in discussione. Sono pronto a condividerla. Sono pronto a discuterne.

Pensiamo ai contenuti, la Rai li chiederà a qualcuno, chi sarà pronto a fornirglieli?

venerdì, gennaio 19, 2007

il meme della pubblicità, taratata tatà

Maurizio Goetz, come dicevo nel post precedente lancia il meme (seme divulgativo) della pubblicità ponendo tre domande semplici che però, come fa giustamente notare Maurizio, generarano risposte assai diverse nel gruppo dei comunicatori, ma anche tra agenzie/clienti/utenti.

le tre domande sono:

Che cos'è la pubblicità oggi?
Quale ruolo dovrebbe avere?
Cosa dovrebbe offrire per tornare a creare valore per l'utente?

Provo a "striplarmi" e rispondere in tre:
  • a, l'agenzia risponde): la pubblicità è il mio business, ciò che mi fa guadagnare e quindi ciò che devo vendere.
  • c, il cliente): la pubblicità è quella spesa che non capisco perché affrontare, in quanto uno spreco eccessivo di denaro, ma so anche che ne devo fare, senno non guadagno. Insomma, come diceva il buon Henry Ford, metà dei soldi che spendo in pubblicità sono sprecati, ma non so quale metà.
  • u, l'utente): quella cosa che viene interrotta dai film e soprattutto dalla tv spazzatura in alcuni cosi, quella cosa che potrebbe allestire e abbellire l'arredo urbano

Che ruolo doverbbe avere?

  • a: per l'agenzia il ruolo dovrebbe esser quello di fargli incassare più soldi possibile; ma in realtà per le agenzie fare pubblicità dovrebbe essere la propria mission, dovrebbe esser inquadrata in piani strategici a medio e lungo periodo senza dimenticare il breve e il brevissimo.
  • c: idem per lui, ma anche quello di "farla senno non esisto"... Come amo dire: un bimbo quando nasce deve vagire, altrimenti è tecnicamente morto; e vale per le aziende, e ancor di più anche il prosieguo, può e deve essere metaforizzato con la vita dell'uomo...
  • u: quella cosa che mi informa dell'esistenza dei prodotti e mene fa pregustare (pregodere, o se preferite esperire) le potenzialità e i vantaggi che ne trarrò.

Cosa dovrebbe offrire per tornare a creare valore per l'utente?

  • a: non lo sanno
  • c: non lo sanno
    u: non lo hanno mai sperimentato.

Bene adesso proviamo a rispondere a queste tre domande, non in modo scientifico, ma a mio personalissimo parere:

  1. Che cos'è la pubblicità oggi?
    La pubblicità è mettere in comune, tra un mittente ed un ricevente un messaggio di comunicazione al fine di coinvolgere il ricevente nel flusso comunicativo prima di tutto e quindi conquistarlo e:
    a) fargli provare il prodotto;
    b) farglielo vendere ai suoi amici;
    c) soddisfarre i suoi desideri, quindi d) ripetere l'acquisto.
    Purtroppo però viene praticata da non comunicatori troppo spesso, e quindi la pubblicità perde la sua funzione comunicativa per diventare inutile;
  2. Quale ruolo dovrebbe avere?
    Sempre lo stesso: coinvolgere l'utente durante tutte le fasi per poter funzionare e rispondere ai tre punti di cui ho parlato sopra.
  3. Cosa dovrebbe offrire per tornare a creare valore per l'utente?
    Dovrebbe fornire due cose fondamentali:
    a) appagare il desiderio del bello e dell'emozionalità. L'uomo, come dice Norman nel suo Emotional Design ama il bello, ne è attratto, soprattutto quando il bello riesce a restituire delle emozioni;
    b) informare e convogliare le richieste e le aspettative dell'utente verso l'aziende produttrice e l'agenzia di comunicazione.
    Insomma, perché la pubblicità torni a crear valore deve tornare ad ascoltare i suoi consumatori, osservarli e scoprirne le loro necessità di co-municare, di mettersi in comune, di sentirsi parte integrante dei progetti e della società.

Oggi deve essere questo il valore della pubblicità: mettere in comune le persone, soddisfacendo anche questo desiderio di appartenza ai gruppi e alla società, oltre che includerlo nel processo di decisione e creazione dei nuovi e vecchi prodotti.

La pubblicità deve riscoprirsi come comunicazione, nel senso di mettere in comune, ecco cosa è la pubblicità secondo me.

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