venerdì, gennaio 19, 2007

il meme della pubblicità, taratata tatà

Maurizio Goetz, come dicevo nel post precedente lancia il meme (seme divulgativo) della pubblicità ponendo tre domande semplici che però, come fa giustamente notare Maurizio, generarano risposte assai diverse nel gruppo dei comunicatori, ma anche tra agenzie/clienti/utenti.

le tre domande sono:

Che cos'è la pubblicità oggi?
Quale ruolo dovrebbe avere?
Cosa dovrebbe offrire per tornare a creare valore per l'utente?

Provo a "striplarmi" e rispondere in tre:
  • a, l'agenzia risponde): la pubblicità è il mio business, ciò che mi fa guadagnare e quindi ciò che devo vendere.
  • c, il cliente): la pubblicità è quella spesa che non capisco perché affrontare, in quanto uno spreco eccessivo di denaro, ma so anche che ne devo fare, senno non guadagno. Insomma, come diceva il buon Henry Ford, metà dei soldi che spendo in pubblicità sono sprecati, ma non so quale metà.
  • u, l'utente): quella cosa che viene interrotta dai film e soprattutto dalla tv spazzatura in alcuni cosi, quella cosa che potrebbe allestire e abbellire l'arredo urbano

Che ruolo doverbbe avere?

  • a: per l'agenzia il ruolo dovrebbe esser quello di fargli incassare più soldi possibile; ma in realtà per le agenzie fare pubblicità dovrebbe essere la propria mission, dovrebbe esser inquadrata in piani strategici a medio e lungo periodo senza dimenticare il breve e il brevissimo.
  • c: idem per lui, ma anche quello di "farla senno non esisto"... Come amo dire: un bimbo quando nasce deve vagire, altrimenti è tecnicamente morto; e vale per le aziende, e ancor di più anche il prosieguo, può e deve essere metaforizzato con la vita dell'uomo...
  • u: quella cosa che mi informa dell'esistenza dei prodotti e mene fa pregustare (pregodere, o se preferite esperire) le potenzialità e i vantaggi che ne trarrò.

Cosa dovrebbe offrire per tornare a creare valore per l'utente?

  • a: non lo sanno
  • c: non lo sanno
    u: non lo hanno mai sperimentato.

Bene adesso proviamo a rispondere a queste tre domande, non in modo scientifico, ma a mio personalissimo parere:

  1. Che cos'è la pubblicità oggi?
    La pubblicità è mettere in comune, tra un mittente ed un ricevente un messaggio di comunicazione al fine di coinvolgere il ricevente nel flusso comunicativo prima di tutto e quindi conquistarlo e:
    a) fargli provare il prodotto;
    b) farglielo vendere ai suoi amici;
    c) soddisfarre i suoi desideri, quindi d) ripetere l'acquisto.
    Purtroppo però viene praticata da non comunicatori troppo spesso, e quindi la pubblicità perde la sua funzione comunicativa per diventare inutile;
  2. Quale ruolo dovrebbe avere?
    Sempre lo stesso: coinvolgere l'utente durante tutte le fasi per poter funzionare e rispondere ai tre punti di cui ho parlato sopra.
  3. Cosa dovrebbe offrire per tornare a creare valore per l'utente?
    Dovrebbe fornire due cose fondamentali:
    a) appagare il desiderio del bello e dell'emozionalità. L'uomo, come dice Norman nel suo Emotional Design ama il bello, ne è attratto, soprattutto quando il bello riesce a restituire delle emozioni;
    b) informare e convogliare le richieste e le aspettative dell'utente verso l'aziende produttrice e l'agenzia di comunicazione.
    Insomma, perché la pubblicità torni a crear valore deve tornare ad ascoltare i suoi consumatori, osservarli e scoprirne le loro necessità di co-municare, di mettersi in comune, di sentirsi parte integrante dei progetti e della società.

Oggi deve essere questo il valore della pubblicità: mettere in comune le persone, soddisfacendo anche questo desiderio di appartenza ai gruppi e alla società, oltre che includerlo nel processo di decisione e creazione dei nuovi e vecchi prodotti.

La pubblicità deve riscoprirsi come comunicazione, nel senso di mettere in comune, ecco cosa è la pubblicità secondo me.

La pubblicità: ragioniamoci sopra

Ringrazio Marco Fossati per l'invito al tema del momento, il meme della pubblicità avviati dal grande Maurizio Goetz, che ha creato un bel sharing slide.

In tanti ci stiamo provando a dire la nostra, per condividere e creare una discussione intorno al tema forse più discusso e mal trattato degli ultimi 6/7 anni almeno.
Personalmente vorrei invitare Fabrizio Ballabeni, Gianfranco Virardi, Gianni Lombardi a partecipare al tema, certamente potrebbero dircene di belle...

Qui vorrei provare a raggionare in modo veloce della pubblicità ed è questa la strategia che solitamente uso per spiegarla, quando mi vien chiesto anche il mio mestiere: quando un bimbo nasce, se non urla gli vien dato uno schiaffetto. Se non urlasse sarebbe morto. Quella è la prima forma di pubblicità: ci sono, esisto, eccomi, son vivo e pronto a ciucciare, che è la seconda fase della pubblicità, il feedback. Crescendo il bimbo deve farsi pubblicità se vuole guadagnarsi la fiducia dei genitori ed iniziare ad uscire da solo, andare in vacanza da solo, dimostrare di aver una vita propria. Poi il ciclo ricomincia un po' da capo, bisogna pubblicizzarsi con l'altro sesso, comunicargli i propri valori forza, le proprie idee, la propria personalità. In seguito, per il resto della propria vita, il bambino ormai adulto deve continuamente passare attraverso questi processi, presentazione-dimostrazione-puntiDiForza, integrati fase per fase da un grande feedback. Ovviamente il tutto inserito in un mix di strumenti, so ballare, sciare, parlare, ascoltare, suonare, giocare a calcio ecc...
Tutto questo, se riesci a non esser banale, diventa un vero valore (come amava fare Enzo Baldoni), aggiungendoci una strategie può stregare l'utente, convincerlo ma soprattutto coinvolgerlo.
Credo che il nuovo consumatore post-moderno voglia essere coinvolto, anche nella costruzione della pubblicità, e durante la fase di ricezione anche, lo stesso.Coinvolgiamoli, rendiamoli partecipi del nostro messaggio, ma ciò solo quando abbiamo un grande prodotto... non dimentichiamo mai il prodotto quando parliamo di pubblicità; ok al marchio, ok alle star (in ambo i sensi: star-startegy e testimonial), ma la prima cosa che vende la pubblicità deve essere un prodotto: se no, il bimbo cresciuto non ciulla.
In realtà la pubblicità è sempre stata comunicazione, solo molti che non sono comunicatori hanno iniziato a fare i pubblicitari.

Cercherò nei prossimi giorni di sviluppare il tema proposto da bravo direttore cReattivo.

Aggiornamenti da Comunitàzione.it