giovedì, gennaio 17, 2008

In Italia suona una nuova marcia: più andante.

Tanti inni nazionali sono delle marcie. Quello nostro anche lo è. Quello francese. Marcie che scandivano il ritmo dei passi e del tempo dunque, all'interno di uno spazio fisico, di soldati, ma anche di chi, credendo e sentendo uno spirito nazionalista, si alza in piedi e con la mano destra sul petto, intonava le note del proprio inno.
Per anni i nostri calciatori non cantavano l'inno. Anche nelle scuole si è perso l'uso di insegnare, non solo le parole, ma anche le note del nostro inno nazionale (le ricordo a memoria: per pianoforte, per tromba, per flicorno, per sopranino, per sax in si bemolle).
Ora i nostri calciatori tornano a cantarlo. Anche nelle scuole, almeno in quelle ad indirizzo musicale, torna ad esser un brano eseguito.
E abbiamo avuto il Presidente Ciampi che ci ha tenuto molto, così il nostro attuale Napolitano.
Due persone che hanno spinto per uno spirito nazionalista e per l'importanza della bandiera, dell'inno e del ritmo italiano.
Già, del ritmo, perché la bandiera, così come l'inno, sono due ritmi che la nostra nazione non deve dimenticare.

Fuori dai romanticismi: quando nel 1999 alcuni di noi hanno iniziato a teorizzare un periodo di stagnazione, di crisi e di "tempi bui" avevamo previsto che nel 2007/2008 ci sarebbe stata una ripresa che avrebbe dato i suoi frutti tra il 2010 e il 2012.
In Italia le cose stanno migliorando, non dobbiamo negarlo: il potere d'acquisto dei salari è ancora molto basso, ma presto anche a questo problema si troverà una soluzione, dopo di che ricominceremo a correre come i ghepardi che siamo spesso stati.
Non è stata colpa dell'euro, neppure dell'11 settembre. Così come non è merito dell'internet, e neppure di un singolo Governo.
Sono davvero tanti gli elementi congiunturali della storia economica, politica, territoriale che si dovrebbero prendere in considerazione, ma continuo a credere, anche avendola vissuta finalmente per intero una fase simile, che gli elementi congiunturali siano soprattutto sociali.
Mi spiego: se anziché Prodi al governo ci fosse stato Berlusconi i risultati non sarebbero stati dissimili: ne in peggio, tanto meno in meglio.
Le sorti di una nazione non dipendono esclusivamente dai politici: loro possono rallentare ma non arrestare un'evoluzione o una involuzione; possono più o meno sapientemente guidarla, corteggiarla e ostacolarla, ma è la società per intero che spinge e soffia in una direzione o in una diversa.

Quella che ci attraverseremo a vivere sarà una nuova e interessante evoluzione della società, e di conseguenza dell'economia e della politica.
La gerontocrazia, per esempio, mai ben accetta... adesso viene odiata e ostacolata, non dai politici che della gerontocrazia ne fanno un must, ma direttamente dalla società. Piccoli esempi: nelle aziende ci sono giovani che prendono molto di più degli anziani. Ovvio direte voi; un indicatore importante dico io.
Ad allargar lo sguardo e analizzando attentamente una serie di dati, numeri, cifre e sopratutto direzioni del vento ci si rende conto della ripresa, e dei cambiamenti in corso.

Se qualcuno (Fabbris) parla ancora di postmoderno (Vattimo lo faceva sul finire degli anni settanta) e Morace parla di una sorta di ritorno alla modernità (nel 2004) e Mafesoli continua a parlare di neotribalismo (è dal 1999, se non ricordo male), penso seriamente che siamo in una nuova era, ancora difficile da definire, non certamente 2.0 (anche se in molti spingono verso una tale definizione) che potrei forse definire del co-individualismo, dove per "co"- si può leggere: vibrare all'unisono, ma individuale, incentrato fortemente sui valori bakuniani dell'individuo unico, indispensabile e, cosa che mi fa un po' paura, privo di colpe.
La matrice co, di Co-municare, co-munità (appunto, mettere in comune, coabitare, condividere, coesistere) e individualmente, indiviso o indivisibile, unico, raro, irripetibile, che vuole, chiede e desidera personalizzazione, singolarità, univocità e unicità appunto.

Questo periodo così fortemente incentrato sull'individualismo, ma così fortemente comunitario, che vede singole persone stare in gruppo ma pur sempre sole, ha delle richieste e spinge l'economia e la politica (guidate entrambe e prontamente dal marketing e delle sue cinque/sei/quattro P) verso una direzione originale; è sempre di più una società incentrata sull'amore, sulla passione e sull'emozione; una società che da un lato riscopre quindi l'importanza di stare insieme, e dall'altro la necessaria esigenza di isolarsi per poter sopravvivere nella propria solitudine, nella quale lo stato di cose, spingono la maggioranza delle persone.

Una singolarità che si ritrova in momenti comuni per vibrare all'unisono (Gambardella Piromallo), interessarsi per gli altri per la sola ragione di stare insieme e poterne parlare del proprio interessamento, e intorno a quel centro focale fare una nuova comunità dei pari.
Ma la direzione originale, non è del tutto nuova, come al solito è una riscoperta di valori, entità, emozioni pre-esistenti.

A me fa venire in mente le tre età o stati del Profeta Gioacchino da Fiore (Dante Alighieri: E lucemi da lato / il calabrese abate Gioacchino / di spirito profetico dotato" (Par. XII)). Vedo un leggero avvicinamento verso quella che lui definisce terza età,
che purtroppo siamo ancora lontani da raggiungere, e probabilmente faremo un leggero ritorno alla prima, per rincanalarci nella seconda ma sicuramente questa esperienza potrà farci raggiungere il terzo stato.
(forse questa "divagazione" sul da Fiore, vi potrà distrarre... mene scuso, ma è un mio tick, il da Fiore, visto che orgogliosamente da Fiore, vengo anche io)

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