Continuo ad interessarmi di design dell'interazione, ormai è un'interesse o un tic, se preferite, che mi ha trasmesso l'amico leandro agrò e al quale non posso più rinunciare.
Fino a qualche anno fa tutti si indignavano se progettavi pagine web troppo lunghe, con spazi bianchi.
Oggi le pagine web sono lunghissime (questo blog non so ora, ma di tanto intanto è lunghissimo) e con tanto spazio bianco nelle colonne di destra e/o di sinistra.
L'utente ha imparato a convivere con queste due nuove esigenze.
I designer sono sempre impegnati a rendere più calde e fluide le esperienze con le pagine.
I content manager sono impegnati a renderle più accattivanti.
Gli interaction designer sono impegnati a renderle più umane, accoglienti, dialoganti.
Propendo sempre la terza categoria. E insisto nel credere che gli interaction designer in Italia si usino ancora poco.
Questo blog, da un punto di vista di content managment credo possa andar bene. Cerco di usare un linguaggio interessante, stuzzicante, ammiccante ma non troppo...
da designer... dopo tutto non fa schifo, non è originale, ma potrebbe anche andar bene.
Da interaction designer dico che fa letteralmente schifo.
Non è ergonomico questo blog. Non è molto usabile. Non è intrigante.
Nella mia tesi di laurea ho provato a dire che il designer dell'interazione cerca di soddisfare quattro requisiti:
• semplificare i compiti complessi;
• rendere efficace lo sforzo compiuto massimizzando i risultati, diminuendo gli errori;
• accelerare i processi, rendendoli più veloci, per ottenere maggiore tempo a disposizione da impiegare in altre cose;
• rendere piacevole, interessante e magari divertente un compito che potrebbe essere davvero noioso.
ovvero: l'artefatto tecnologico permette così di:
a) semplificare il lavoro dell’uomo che non deve compiere macchinalmente infinite volte la stessa operazione. Gli basta, infatti, predisporre nel modo giusto i caratteri mobili su un telaio di legno e iniziare la stampa;
b) rendere efficace lo sforzo, poiché creato un cliché uguale per tutte le copie del libro, si avvia la stampa di infiniti volumi;
c) aumenta così la velocità di produzione e diminuiscono gli errori;
d) la parte emozionale invece è più difficile da verificare, ma riveste sicuramente un ruolo importante.
Della parte emozionale se ne è poi occupato per fortuna il solito Donald Norman con un libro, emotional design, che non rinnova nulla, ma almeno mette in teoria un sapere che in tanti autori avevano già enunciato.
ora quali sono i nuovi criteri? e sono davvero nuovi?
credo di no.
credo che qualcuno (nielsen ad esempio) ci abbiano riempito con il marketing fatto al marketing, la testa di novità non troppo nuove, ma solo passeggere, e in alcuni testi celo dicevano pure.
Adesso che il web ha una propria "esperienza", compiuto un proprio cammino... attrezziamoci per superare alcuni ultimi ostacoli e prepariamoci all'avvento della comunicazione nel live asincrono.
Sarà divertente, per me lo è.
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