sabato, giugno 30, 2007

Guerrilla, virale e marketing; pubblicità.

Provo a ragionare, possibilmente insieme a voi, intorno a questi termini verso i quali ho e vedo che non solo io, un po' di confusione ingenerato da ciò che leggo in giro al proposito.

Last update 04/07/2007: ore 14,32

(gli update si riferisco ad aggiornamenti apportati grazie al supporto dei lettori)

Marketing
Partiamo da Kotler:
marketing: processo sociale e manageriale diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di prodotto e valori. È l' arte e la scienza di individuare, creare e fornire valore per soddisfare le esigenze di un mercato di riferimento, realizzando un profitto: delivery of satisfaction at a price.

Pubblicità
Per la legge per pubblicitià si intende generalmente quella forma di comunicazione a pagamento, diffusa su iniziativa di operatori economici, che tende in modo intenzionale e sistematico a influenzare gli atteggiamenti e le scelte degli individui in relazione al consumo di beni e all’utilizzo di servizi.
http://www.agcm.it/E51.htm

Per Bassat La pubblicità è... l’arte di convincere i consumatori
http://gandalf.it/m/bassat1.htm

Guerrilla Marketing
La definizione Guerrilla Marketing risale al titolo di un libro del 1984 di Jay Conrad Levinson, nel quale l’autore analizzava i metodi di promozione non convenzionali e a basso costo. Le campagne di Guerrilla Marketing si basano, senza prescindere dalla conoscenza approfondita della psicologia degli utenti, su una comunicazione indiretta e misteriosa e sulla capacità di colpire grazie a idee inusuali e sorprendenti.

Una delle definizioni più appropiate e semplici mi pare sia stata data da Gabriella Ambrosio in questa mia intervista: Il guerrilla advertising è pubblicità che esce dal recinto dei media tradizionali per penetrare nel cuore delle città e incontrare la gente in modo diretto, provocatorio, spiazzante. La guerrilla la trovi nelle strade, sui muri, sulle panchine, sui fondi di bicchieri, in finte conversazioni, sui soldi, sulla frutta, sulla carta igienica, perfino sul corpo umano.

E dietro ci sta la strategia.

Marketing virale
Una buona deifinizione di "marketing virale" invece la trovo su IMlog:
"messaggio che sopravvive al suo portatore, usando i contatti sociali per accrescere la sua diffusione". In altri termini il marketing virale può anche essere visto come l'ultima (in ordine di sperimentazione) forma di permission marketing, dove il mittente del messaggio è, per il destinatario, un "trusted contact", una persona di cui si ha fiducia.
http://www.imli.com/imlog/archivi/2004/04/000148print.html

Considerazioni
L'uso delle parole è molto importante, mi ci appello sempre e credo sia fondamentale per conoscere meglio ciò che si vuol fare/ottenere.

Il marketing virale designa quindi un'attività di marketing (diretto a soddisfare bisogni ed esigenze attraverso processi di creazione e scambio di prodotto e valori) che utilizza tattiche di Guerrilla (è pubblicità che esce dal recinto dei media tradizionali per penetrare nel cuore delle città e incontrare la gente in modo diretto), ma fondamentalmente è pubblicità: l’arte di convincere i consumatori.

Quindi abbiamo: il marketing, come processo sociale e imprenditoriale, la pubblicità come tecniche di comunicazione, la guerrilla come tattica dell'agire comunicativo.

Da non confondere quindi il marketing virale con il guerrilla marketing, e tanto meno non si deve perder di vista la definizione centrale di Levinson: [...] si basa su una comunicazione indiretta e misteriosa e sulla capacità di colpire grazie a idee inusuali e sorprendenti.

Il guerrilla marketing però non è diverso da un approccio sistemico e serio alla comunicazione e al marketing, si differenzia solo per gli strumenti "non convenzionali" utilizzati (ma che preferirei chiamare soluzioni cretive ad un problema); e per il relativamente basso budget richiesto.

Se dunque volessimo provare e arrischiare una definizione di Marketing virale potremmo dire che è quella tattica dell'azione pubblicitaria che utilizza strategie creative nell'individuzione di mezzi e tecniche per una comunicazione indiretta, capace di risvegliare l'attenzione dell'utente e di coinvolgerlo.

first update at 14,30 30/06/2007, eseguito con l'aiuto di Alex Badalic

second update 01/07/2007 at 12,30
Trovo molto interessante questa definizione di Alex Badalic, che esprime in questo post del suo blog. Vela riporto:
Il marketing virale, in parole povere può essere definito come il generare del passaparola a proposito di una marca o di un prodotto, in modo da trasformare i consumatori stessi in medium. Il marketing di guerriglia, invece ha a che vedere con la creazione di eventi limitati nel tempo e nel luogo e destinati ad un pubblico non molto vasto, ma tale da generare "rumore" sufficiente perché i media se ne occupino. (Alex Badalic)

Riprendendo dunque il nostro tentativo di dare una definizione, potremmo scrivere che:
Marketing virale è quella tattica dell'azione pubblicitaria che utilizza strategie creative nell'individuzione di mezzi e tecniche per una comunicazione indiretta, capace di risvegliare l'attenzione dell'utente e di coinvolgerlo in un passaparola a proposito del brand o prodotto oggetto dell'azione di marketing.

Questa stessa aggiunta era stata suggerita anche da frac78 che suggeriva di aggiungere a questa mia:
Marketing virale è quella tattica dell'azione pubblicitaria che utilizza strategie creative nell'individuzione di mezzi e tecniche per una comunicazione indiretta, capace di risvegliare l'attenzione dell'utente e di coinvolgere l'utente al punto da spingerlo a diffondere autonomamente il messaggio ricevuto.

Cambiano i toni ma la sostanza è la stessa.

Grazie quindi ad Alex e a frac78.


Update fatto grazie alla Markettara di Disruption.
il marketing virale è la strategia di marketing che costruisce messaggi pubblicitari che abbiano in sé la propensione a diffondersi come un virus e che punta a colpire gli influencers con l'obiettivo finale di contagiare i pubblici per stimolarli a disseminare il messaggio stesso, facendosi naturalmente portavoce del prodotto/brand. elementi fondamentali del mktg virale: strategia (non tattica o tecnica!), idea virus (propensione spontanea alla diffusione), influencers, contagio, scarsa percezione della natura commerciale del messaggio (naturalmente), passaparola.

E poi dicono che non ho ragione a dire alcune cose sulla Markettara...

Update del 4 luglio, alle 14,32

Sul blog dell'ADCI c'è un bellissimo articolo di Maurizio Sala... anche al proposito del dialogo con il cliente che sarà il tema del convegno inaugurale di Creatives are bad (per chi non lo conoscesse, creatives are bad è la mostra delle pubblicità rifiutate alla agenzie dai clienti per imparare dagli errori, entrambe le parti :D).

Nel testo Maurizio Sala scrive così:
Costruire un meccanismo virale è cosa molto complessa. [...] serve una competenza creativa notevole perché ciò che va generato è un gradimento così alto da spingere un essere umano a farci da portavoce presso altri esseri umani mettendoci la sua faccia. Serve poi sapere dove e come seminare il video perché laviralità scatti nel modo più fluido. Serve che tutto questo siaappoggiato su una qualità esecutiva tale da incoraggiare l’invio enon scoraggiarlo. Insomma serve mettere in piedi un meccanismo dilavoro sofisticato e professionale, equivalente ma vorrei diresuperiore al livello di competenza necessario per creare e varare unospot. Morale: ridurre tutto questo a una semplice opportunità dimoney saving è un autogol annunciato.

Wau! molto ma molto chiaro.

(continuo ad attendere i vostri contributi su questo tema...)

venerdì, giugno 29, 2007

Un po' di sana discussione... non guasta

Ma è stupefacente. Quanti sono i passi avanti compiuti in questo campo della ricerca?
ops, scusatemi, quale vi starete chiedendo? la guerrilla marketing, o marketing virale, o tribale, o... come lo volete chiamare (io non lo so, sto pensado da un po' di chiamarlo marketing e punto)...

Oggi sul blog dell'amico "casalinga di voghera" c'è stato un bel dibattito proprio sul marketing virale. Commenti da leggere.
Si parla della spot della dove, quello che da Cannes ha portato via qualcosina :)

Ma al proposito, perdonate l'autocitazione e la poca raffinatezza, avevo scritto qualcosa anche io quella data, che nel rileggerla mi è un po' piaciuta. Vela ripropongo, seguite il link.

Quello che mi ha stupito è il fatto che da Novembre, ad oggi son passati sei mesi, e ancora sul marketing virale c'è solo una grande confusione. Non credo che per ora, tranne qualche bravo ma raro caso, siamo pronti ad utilizzare con serietà e strategia la rete e le possibilità che essa ci apre.

Ah! un'ultima cosa: il video in questione non è nato per "diventare virale", ma piuttosto per fare la sua unica uscita durante il SuperBowl negli States.

Poi capita che il video venga messo in rete e si propaghi il "virus" di volerlo vedere, ma questo è una cosa che accade dopo: quando c'è il prodotto, c'è il messaggio, c'è una buona conoscenza del mezzo e la Ogilvy & Mather di Toronto sa come fare.

update at 22,00


Ho trovato questo video, grazie a http://www.numeroventi.com spiega bene questo spot della coca cola la velocità che può imprimere la rete... e cosa sia il "virale" :) mi piace il gioco che ne han fatto ;)
l'agenzia è SRA rush more, un'agenzia interessante ;)

mercoledì, giugno 27, 2007

L'indagine di Diario Aperto

Leggevo su Qix http://qix.it/archive/20070622/diario-aperto delle opinioni sulla ricerca di Diario Aperto sui blog in Italia, dove l'autore evidenzia alcune carenze della ricerca condotta in collaborazione con l'Università di Trieste(!). Ho lasciato un commento a quel post, che voglio riportare in parte, anche se non è nelle mie abitudini, ma siccome in questi ultimi giorni stavamo parlando anche della parte... numerica della rete credo che una prima discussione su una ricerca quantitativa e qualitativa vada pur fatta poiché ci tornerà utile quando cotinuerò il discorso sugli "influenti" della rete.

La ricerca potete trovarla qui http://www.diarioaperto.it/ con dati, analisi e qualche spunto interessante.

Premetto che non ho avuto modo di approfondire come vorrei i dati e neppure i loro commenti. Ma gli ho dato una discreta sbirciata, quel che basta, come al solito, per farsi una prima, una seconda ed una terza idea. (fino alla quinta/sesta, solitamente non mi fermo)

Alcuni dati sono molto utili per comprendere il blog, e soprattutto i blogger: odiano chi si parla addosso e chi usa la volgarità fine a se stessa. E' donna (ma lo sapevamo, vivendo il web, e ora ne abbiamo la conferma da una ricerca...)

Però, permettemi di esser pedante, ho qualche dubbio sull'utilizzabilità dei dati. Mi spiego.
Mi pare che ci siano dei problemi metodologici, tanto per dirne uno: vengono rilevati i blog "autorevoli" e alcuni blog sono i promotori dell'iniziativa.

Questo inficia i risultati in partenza, in quanto i partecipanti sono "influenzati" a priori, poiché il campione non è rappresentativo della popolazione del web, ma… dei blog che guarda caso risultano più autorevoli.

Inoltre, quando si "evocano" dalla memoria i siti o i brand più "memorabili" le controricerche hanno sempre dimostrato che ci possono essere forti ecquivoci e che non per forza il primo blog che ritorna in memoria è il più "autorevole" ma potrebbe essere, in ordine sparso:

l'ultimo visitato;

l'ultimo del quale si è discusso/chiacchierato/parlato con amici, colleghi ecc…

uno dei blog più odiati/invidiati e per questo in memoria.

Però emergono dei dati interessanti, che putroppo sono solo parzialmente analizzabili in quanto i dati messi a disposizione da scaricare sono poco comprensibili se non con l'aiuto di qualche chiromante.

I blogger che hanno aderito alla richiesta di monitoraggio della comunicazione dello spam

In questo post vi chiedo, blogger che aderirete alla mia richiesta di monitorare lo spam, di commentare indicando il nome del vostro blog, così ne teniamo anche traccia ;)

grazie,
Luca
p.s. mi riferisco a questa richiesta http://cosamistupisce.blogspot.com/2007/06/comunicazione-prove-direct-marketing-e.html

Comunicazione, prove, direct marketing e... spam

Ricevo qualcosa come 10 indirizzi email costantemente, ogni cinque minuti circa. Ne ho altri 7 di indirizzi email (tutti lvrluca@qualcosa) che controllo, di tanto in tanto, con più o meno entusiamo. Chiocciola libero... una volta al mese, @virgilio una ogni due o tre mesi, @yhaoo.it una ogni 40 giorni. E di spam, direct marketing e cianfrusiaglie varie ne ricevo a bizzeffa.

In questi ultimi due mesi però mi sono appassionato a raccogliere e controllare i messaggi spam di una sedicente - BancoPosta -

Interessante. Lo spammer, il virus, o come lo volete chiamare è interessante. Mi sono divertito a controllare quando il messaggio attirava la mia attenzione richiedendomi una certa attenzione.
Quello che più mi ha stupito è stato:
Pubblicazione estratto conto on-line
Cosa voglion fare? chi? perché?
Spam, certo, sto tranquillo, calmo, non sobbalzo dalla sedia ma controllo l'oggetto della mail nuovamente. Bravo al burlone.
La cosa mi conquista.
Non cliccherei mai e per nessuna ragione al mondo su qualsiasi link (a dire il vero neppure la apro la e-mail, ma leggo solo l'oggetto. Questo mi ha colpito.

Dietro questo spammer potrebbe celarsi una ricerca di comunicazione?
Non credo, ma per me che la ricevo lo diventa.
Ecco un elenco breve dello spam in lingua italiana degli ultimi 7 giorni.
Notate la varietà.

Richiesta chiusura conto corrente BancoPosta.

L'Assistenza Clienti Banca Intesa

Mondo BancoPosta premia la tua fedeltа !

Comunicazione Urgente

Informazioni importanti sul vostro conto Di Poste Italia.

Oggetto: Comunicazione nr. 91258 del 24 Giugno 2007 - Leggere con attenzione

Ecco questo ultimo poi mi piace. La numerazione della comunicazione nei miei confronti. Il numero è variabile, evidentemente lo script che genera la mail lo genera casualmente. E anche questo oggetto per una mail mi piace.

Devo esser sincero? Credo che ci sia da analizzare la comunicazione di molti spammer.
Vi invito: mi "commentate" questo post con gli oggetti più simpatici, interessanti e comunicativi che vi son arrivati nella vostra casella e-mail? apriamo un piccolo "osservatorio", e ci diamo un tempo: fino al primo agosto. Segnalatemeli in massa.

Grazie,
Luca

p.s.
Non sto scherzando: chiedo ai blogger, se gli va, di dar voce a questa mia richiesta, invitando i loro lettori a postare in commento a questo post gli oggetti più interessanti che avete ricevuto nella casella email.
Dal 1 agosto al 1 settembre li analizzerò e li commenteremo nuovamente insieme, ovviamente i più interessanti. OK?

martedì, giugno 26, 2007

La pigrizia di una lingua aperta

L'italiano è una lingua straordinariamente bella per la poesia, per la prosa. La sua musicalità e la sua flessibilità ha sempre affascinato poeti e scrittori di tutto il mondo. Fino ad ora.
Ora non più.
E' diventata una lingua pigra.

Non creiamo nuovi vocabili da quando?
Ci fermiamo a prendere in prestito dalle altre lingue qualsiasi cosa: Corner, pressing, blogger... , perfino media in molti lo proninciano all'inglese.
Termini che rendono l'italiano meno leggibile oltre che meno musicale, più lento e macchinoso.

Lulu Blooker Prize ha commissionato a YouGov (società inglese di ricerche) di scoprire quali erano i termini su Internet più irritanti e odiosi.
Folksonomia, blogosfera, blog, netiquette, blook.

Lo si può leggere in questo Articolo del Corriere della Sera.
I risultati del sondaggio sono stati pubblicati dall'agenzia giornalistica francese Afp.

Ci vogliamo interrogare anche su questo?

Ringrazio Anna Torcoletti per la sua preziosa segnalazione

lunedì, giugno 25, 2007

Technorati non rappresenta un indicatore

L'altra volta credo di aver fatto vacillare le vostre aspettative sul pagerank. Adesso ci provo con Technorati.

Technorati non rappresenta indicatori di influenza.

Perché? beh, semplice. conta non solo le reazioni al blog, ma confonde il link nel blogroll come reazione. eh! che fa?
già! confonde il semplice blogroll come reazione al tuo post.
Oddio... volete fare una prova?

Bene. Cosaleggere.blogspot.com non ha nessuna reazione su technorati.

Inseritela nel vostro blogroll... + 1 su technorati. E se le pagine saranno due? e se mi firmo il commento con il link a quel blog?

cosa succederà?

ok, detto questo.

Ah, per chi si chiedesse: che significa 'sto post? emm... è la continuazione di un discorso intrapreso circa "la parte... numerica della rete".

Rilassiamoci: la mia domenica

Era da molto tempo che non tornavo a Marinella di Isola di Capo Rizzuto.

Sono stato qui, al campeggio di amici cari
http://www.latollo.it/

questa è la veduta.


Una domenica concessa all'esclusivo piacere del relax.

Mi stupisce che di questi luoghi "selvaggi" e sconosciuti, poco frequentati, nessuno in Calabria si occupi di darne comunicazione, di far marketing territoriale.

un luogo che è riserva marina
http://www.riservamarinacaporizzuto.it/2211/it/news/default.asp

A voi non stupisce?

Marinella, è una località di Isola di Capo Rizzuto, un posto magnifico che andrebbe comunicato, "markettato"...

E noi... pensiamo di esser gli ultimi... pensiamo a posizionare la Calabria, a vendere il prodotto, a costruire un brand, a far provare e vivere i nostri luoghi...

vado.

...che la creatività italiana venga presa a pesci in faccia

Mi stupisce, sì.
Torniamo massacrati dai Leoni di Cannes. Poteva andar peggio però, perché al peggio non v'è mai fine.

Ma siamo andati malissimo. Diciamocelo.

La colpa secondo le agenzie è che i clienti sono poco ricettivi.
La colpa secondo i clienti è che le agenzie sono lente, prevedibili, e con poca passione.

La verità starà a metà strada.

Il tema di quest'anno del convegno inaugurale di Creatives are bad sarà: Clienti e agenzie: due lingue diverse?
Lo decidemmo con anticipo sui risultati di Cannes.

E allora perchè dovrebbe stupirmi che la creatività italiana non venga "premiata" ne dai risultati ne dai festival vari?

Perché credo che le agenzie siano troppo attente a guardarsi nello specchio è dirsi: sono bella e brava; e dimenticano che oggi non è ieri, e soprattutto non riescono a capire cosa sarà domani.

Troppo tempo hanno impiegato grandi agenzie ad entrare nell'internet. Troppo tempo stanno impiegando a creare valore per i propri clienti con l'internet.
Non significherà tantissimo, ma è un indicatore: le agenzie sono statiche e ipostatizzate. Non mi stancherò di pensarlo, fin quando non cambieranno atteggiamento.

E credo anche che la poca presenza di giovani nelle grandi agenzie sia per loro deleterio: energie fresche, forze giovani potrebbero come minimo svecchirvi le idee e farvi guardare con più facilità il presente e il futuro. Nuovi creativi potrebbero darvi una buona spinta.

Ma mi stupisce che non lo si faccia. I giovani fuori dalla porta delle agenzie a "fare esperienza", e quando l'avranno fatta, e saranno "non più giovani" potranno accedere per svecchiare, da vecchi, le agenzie.

Che paradosso del cavolo.
Il dialogo con il cliente sarà anche difficile: ma 'sta cosa qui... dai, raccontatemi un po' le vostre storie: quanti anni avete, dove fate i creativi e... a quanti anni siete entrati in agenzia?

sabato, giugno 23, 2007

La parte numerica della rete

Sto leggendo in questi giorni, tra gli altri, anche il libro di Sergio Maistrello: La parte abitata della rete, che ho un po' storpiato nel titolo di questo post.
Del buon libro di Sergio ne parlerò presto anche su Comunitàzione con una recesione, ma l'autore può star tranquillo: oltre ad una mia personale allergia per l'uso della parola "Internet" come se fosse un cognome, priva di articoli un po' da "linguaggio d'immigrati", il libro mi pare interessante, risente un po' nel penultimo capitolo di una certa stanchezza, ma può starci quando si scrive ai tempi dell'internet.
('sto concetto l'amplieremo che mi piace pure).

Ma qui vorrei riprendere un concetto introdotto nel post precedente a proposito dell'importanza delle relazioni sull'internet.

Perché scrivevo "La parte numerica della rete"? perché giustamente si chiede Sergio Maistrello: ma con l'internet non dovremmo abbandonare anche la quantificazione di lettori legati ai media tradizionali?

E allora mi chiedo: quali sono i parametri di valutazione? abbandoniamo il pagerank, basta fare una ricerca su google per rendersi conto che Comunitàzione non è certamente il più influente per parlare di Rocco Siffredi (alle tre di notte poi...) eppur il page rank fa questi scherzi, prima pagina, dovremmo esser ancora, dopo più di un anno dalla pubblicazione, il 6 risultato.

Ok, allora come vogliamo valutare gli influenti sulla rete?

Invito tutti i miei amici blogger a prender parte a questo... meme?

giovedì, giugno 14, 2007

il sito web come organismo vivente: quando un sito web diventa adulto

L'amico ed esperto di business e web (business del web, direi) Leonardo Bellini in un commento al mio precedente post suggerisce di scoprire quando un sito web diventa adulto.

Proviamo a stabilirlo insieme.

Ma prima proviamo a stabilire, dalla nostra esperienza quali potrebbero essere, in linea del tutto generica e teorica, gli obiettivi che dovrebbe avere un sito web, suddividendole in sottogruppi.

Imparare, dall'uso che gli utenti ne fanno;
Adeguarsi, agli usi dell'utente;
Fornire risposte sempre più efficaci ed efficienti;

Raggiungibile;
Trovabile;

Arricchirsi di contenuti;
Flessibile alle nuove necessità;

Coltivare le relazioni e i rapporti;
Coltivare gli interessi;




Imparare dall'uso degli utenti: in molti siti di royalty free per esempio, capita di cercare fotografie della categoria scuola, alunni, ma ti conviene riprovare con scolari, scolareshe, ricreazione... termini non strettamente sinonimici magari, ma che hanno rilevanza. O peggio: cerchi industrial design, ma ti conviene riprovare con disegno industriale; presidente della repubblica, riprova con Giorgio Napolitano.
Un sito che impara dall'uso deve scoprire queste relazioni: ecco un esempio: cercando presidente della regione calabria, il motore di ricerca deve sapere che Il termine presidente della regione calabria ha delle corrispondenze con Agazio Loiero presidente della Regione. Relazione appresa dal sito, che potrà tornare utile non solo nel motore di ricerca, ma in ogni altro tipo di applicazione di quel sito: poiché gli utenti sono calabresi, cercando solo "presidente della regione", il risultato non dovrebbe cambiare, ovviamente.

Adeguarsi, agli usi dell'utente. Si è anche adeguato quel motore di ricerca, ma non ancora il sito. Il sito web si adegua quando, per esempio, scopre che il 90% degli utenti arriva dai motori di ricerca, e oltre a fornirgli la pagina trovata da google, gli offre un elenco di articoli pertinenti con la ricerca effettuata su google. E' un esempio ovviamente. (era attivo su Comunitàzione, temporaneamente sospeso per miglioramenti all'algoritmo).

Fornire risposte sempre più efficaci ed efficienti: ovviamente, se un sito web fa queste due cose sta fornendo delle risposte più efficaci ed efficienti. Ma da bravo organismo vivente questi processi non possono terminare. Perché il presidente della regione calabria prima o poi cambierà, per fortuna non vivendo in una dittatura. E allora? Allora qualcuno deve dirglielo al sito. Se vivo sui monti dell'Himalaya disconnesso dal mondo, come potrei sapere che il Presidente degli stati Uniti non è più Kennedy? Qualcuno deve dirglielo al sito web.

Quindi deve essere raggiungibile, nel senso che il server non deve esser lento, pesante, o troppo spesso in fase di ceck-up/reinstallazione ecc.
E trovabile: avere un buon rapporto con gli influenti nella rete: blogger, community, motori di ricerca (che stranamente nel mio cervello chiamo direttamente influenti dalle statistiche dei siti che ho sottomano; senza mezzi termini anche se probabilmente sto sbagliando);

Arricchirsi di contenuti. Qui voglio sottolineare solo una cosa: arricchirsi di contenuti significa anche cancellare quelli che non servono più. La memoria senza l'oblio non serve a niente. Quindi benissimo aggiungere nuovi contenuti, ma eliminare gli obsoleti, non letti, non pertinenti ecc... possibilmente con un algoritmo che scelga al nostro posto. Se un testo interessante, comunque viene eliminato dall'algoritmo, probabilmente va riscritto/rivisto (vedi oblium di Comunitàzione.it).

Flessibile alle nuove necessità: il sito web deve potersi piegare alle nuove esigenze di oggi e soprattutto a quelle future. Deve studiare? No, questo non dobbiamo chiederglielo. Quindi dobbiamo continuare a tenere vivo il rapporto con "il medico di famiglia"del sito, che provvederà a impartire queste lezioni al nostro sito web.

Ho lasciato alla fine il vero valore del sito web fatto bene deve:
a) Coltivare le relazioni e i rapporti;
b) Coltivare gli interessi;

Sviluppare ognuno di questi due punti richiede un singolo post. Per inciso comunque: coltivare le relazioni con gli utenti è quello che spiega benissimo Leonardo Bellini nel suo libro. Magari ci torneremo anche noi.
Coltivare gli interessi: del proprietario del sito e dell'utente, invece... questa è una materia probabilmente nuova, ma la tratteremo in modo specifico, spero molto presto.

A questo punto, se quindi il sito è cresciuto e sa:

Imparare, dall'uso che gli utenti ne fanno;
Adeguarsi, agli usi dell'utente;
Fornire risposte sempre più efficaci ed efficienti;

Raggiungibile;
Trovabile;

Arricchirsi di contenuti;
Flessibile alle nuove necessità;

Coltivare le relazioni e i rapporti;
Coltivare gli interessi.

E se viene accompagnato spesso dal medico di famiglia per poi esser sottoposto a dei ceck-up completi, fa regolari donazioni per l'AVIS, se fa anche del volontariato per delle Onlus, magari contro il bullismo e il disagio giovanile, e fa tanto tanto sport, allora il sito web diventa un adulto che si tiene in allenamento. Ogni tanto un lifting e non solo è adulto, ma invecchia molto lentamente.

Diversamente invecchierà molto in fretta, con forti probabilità di morire.

Ah, Leonardo, se passi da qui: se raggiungiamo questi obiettivi, non è che per caso stiamo già facendo business con il nostro web? ;)

a te la palla amico mio: spiegaci che differenza c'è tra l'avere un sito, e fare business con un sito
;)
e ...come funziona il ciclo di vita del prodotto da un punto di vista economico?
;)

mercoledì, giugno 13, 2007

i siti web: organismi viventi

Devo fare il sito, mi vieni a trovare in azienda?
E' una delle domande che mi capita più spesso.

Non: voglio fare business online, ma *devo fare* il sito: dover fare come obbligo. E voglion la brochurina.

tu li incontri, gli spieghi che...

Il sito web è un organismo vivente, non una brochure. Il web è fatto di persone non di carta, ed è modificabile, allungabile, cancellabile, riscrivibile, random...

Le intuizioni vecchie di Eco sul lettore sono utilissime quando si parla di web e dell'internet. Soprattutto perché quasi mai il lettore entra dalla home page, solitamente da una pagina del tuo sito, e da lì deve iniziare la navigazione.

Ma è un organismo vivente dicevamo: all'inizio un bambino lo porti spesso dalla dottoressa, ad ogni tremore, ad ogni palpito esagerato del suo cuore oppure quando il suo cuore batte troppo lentamente. Per un raffreddore, per un graffio... poi crescendo lo porti sempre meno dal dottore perché sai che ha imparato: per tentativi ed errori, per apprendimento, per sociolizzazione, il bambino attraversa le fasi della crescita fino a diventare adulto, metter su famiglia e adesso tocca a lui ricominciare il tuo ciclio.

Il sito funziona allo stesso modo: lo metti alla luce, lo fai conoscere a parenti ed amici che ti diranno: è tutto suo padre o sua madre, ma gli occhi... sì, sembra fatto con lo stampino (brand!), il marchio di fabbrica e siggillo di garanzia.

Ma lo porti spesso dal dottore: appena avviato un sito web deve andar spesso dal webmaster per modifiche, revisioni, miglioramenti al design e all'interazione, soprattutto al design dell'interazione.

Controlli che chi ti venga a trovare non lo stropicci troppo il tuo bambino? non lo secchi? non lo faccia mettere a piangere? non lo butti giù dal balcone il fratellino più grande?

Bene, con il sito web devi fare lo stesso.
Hacker, concorrenti e tutto il resto potrebbero volergli male, quindi occhio, e ci vuole il tuo, ma anche quello di un esperto: il medico del web.

Dopo inizi a portarlo in giro: a scuola, agli incontri con i tuoi amici, prima nella culletta e piano piano in braccio e poi che cammina da solo. Telo porti in vacanza al mare, in quelle di Natale e di Pasqua. Lo fai anche per vantartene e farlo conoscere in giro: questo è il mio gioiello, mio figlio, frutto dei miei lombi.

Così il sito web lo presenti ai motori di ricerca, ai siti specializzati, adesso anche ai blogger... trovi tutte le strade e le strategie per presentarlo alla società, quella on line.

Se il cliente non lo sa fare, anche qui si affida a qualcuno che lo faccia per lui: un college per tuo figlio? una squadra di calcio? la palestra? il catechismo? uguale, tale e quale.

Crescendo lo devi spingere ad incontrare le ragazze, i suoi coetanei, il gruppo dei pari. Ma anche a farsi rispettare, a crescere e a crescere in autostima.

Anche per il tuo sito web: funziona così, lo presenti in giro, lo fai visitare, continui ad aggiornarlo e ad istruirlo.

Perché parlo di Istruzione? perché adoro dare intelligenza propria ai siti web. In grado magari di sapere cosa cerca il nostro utente, cosa vuole, dove vuole andare... ma non lo può sapere quando lo progetto, no. Lo deve imparare con il tempo, da solo o con il mio aiuto dandogli una mano a fare i compitini.

Poi magari lo facciamo iscrivere all'università, gli compriamo una bella macchina e... lo invitiamo ad accomodarsi fuori da casa nostra perché deve farsene una di sua. Ma poi subito dopo lo rivogliamo con noi a pranzo la domenica, a cena la notte di natale.

Insomma, il web è un organismo vivente. Trattiamolo da tale e faremo business anche senza volerlo.

Il libro di Leonardo Bellini però, fre business con il web, qui recensito da me, è un ottimo strumento per fare business attraverso il web.
Ma non dobbiamo dimenticarci o sottovalutare la funzione di organismo vivente del nostro sito.

Ci sono dei libri che mi danno ragione: ma quello che è eccezionale... è quello dell'amecarissimo Giancarlo Livraghi: La Coltivazione dell'internet

domenica, giugno 03, 2007

pensare globale ed agire locale.

No.

Mi stupisce che mi sia venuta in mente questa stronzata.
Ma è un modo di ragionare.
Mi serve credo.

Dai, ci proviamo insieme? io butto giù un po' di cose, come mi capita solitamente, cerco di (s)ragionare da solo... poi magari mi dai una mano, vediamo che ne vien fuori...

Non sarebbe meglio pensare locale, agire globale?
lo trovo qui
http://www.accenture.com/Countries/Italy/Research_And_Insights/Outlook/outlook_riboud.htm
Accenture.

Pensare globalmente ed agire localmente.

Sinceramente sto pensando localmente, per agire globalmente.

Non so chi dei due abbia ragione.

Se penso al globale inizio ad aver paura, a confondermi, a voler tuffarmi nel mare e arrivare a nuoto a New York, partendo dai miei bei 1100 s.l.m.

Se penso locale, vedo la s.s. 107, vedrò un aereoporto a Crotone, forse arriverò a New York.
E' anche vero che forse non partirei proprio. Però ho una possibilità in più di arrivarci mi pare, al mio obiettivo.

Le solite menate da adrenalina comunicativa? Oppure sensate sensazioni?

Se un mio cliente mi chiede di creargli un sito web o una comunicazione, e mi dimentico che il suo settore principale, magari è un ristorante, è il luogo preciso in cui è disposto, l'incrocio a destra, l'ingresso nel paese, i 300 metri di raggio intorno alla sua attività commerciale... sto pensando globalmente, perché gli creo un bel sito web, la pubblicità magari che esce su viaggi di repubblica... ma mi rimane con il ristorante vuoto.
Vado per farmi pagare e mi prende a pesci in faccia, o no? (se ha i soldi ancora per comprarli i pesci).

No, in comunicazione almeno, voglio pensare localmente ed agire poi magari per il globale, per aumentare *dopo* i suoi ritorni.

Questa cavolata del globale/locale mi serviva solo per... mi stupisco davvero molto a vedere come molte aziende investano soldi nella pubblicità in modo sbagliato, proponendosi mete esageratamente ampie e tralasciando il mercato più vicino al proprio naso. Se iniziassero a pensare al locale e poi ad agire su vasta scala, in un secondo momento, quando hai una posizione consolidata alle spalle, non sarebbe meglio?

E il viral marketing... beh, credo che stiker e cartoline, palloncini, applicazioni adesive, targhe, frecce, modelle, t-shirt, bambini che si affollano alla vetrina... dovrebbero esser fatti vicini il punto vendita, ma non per fare marketing virale, no... semplicemente per pensare al luogo.

p.s.
forse in realtà pensare globale vuol dire pensa a tutto; agire locale, forse vorrà dire: pensa prima a dove metti i piedi.

p.p.s.
Vista la mia confusione sull'argomento, anziché inviare le mie solite duemila email per chiarirmi il concetto, qualcuno di voi può darmi una mano?
grazie.

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